PRIMO PIANO – SPECIALE TERREMOTO / Larga parte del territorio è a rischio. Ma le norme antisismiche vengono rinviate.
Oltre metà del nostro territorio a rischio sismico, quasi 40 milioni di italiani che devono convivere con la possibilità di affrontare un terremoto. I dati del Servizio sismico nazionale fotografano una realtà allarmante: sono 4.610 i comuni in zona sismica e 80 mila gli edifici pubblici vulnerabili: caserme, scuole, ospedali, uffici e quant’altro.
D’altra parte, le immagini che arrivano dall’Abruzzo sono la drammatica prova di come sia fragile il nostro Paese. E questa fragilità è stata anche misurata: di fronte a un terremoto di elevata intensità “circa il 20 per cento degli edifici nelle zone più a rischio del territorio italiano potrebbero subire danni strutturali”.
Dove in Italia la terra tende a tremare, quindi, un edificio su cinque è a rischio, “soprattutto nel Centro-Sud”. Lo rivela a ‘L’espresso’ Rui Pinho, ricercatore dell’Eucentre, il più autorevole istituto italiano di sicurezza antisismica. “I dati raccolti dalla Protezione civile, dall’Irpinia del 1980 al Molise del 2002, hanno evidenziato danni a circa il 30 per cento degli edifici delle zone terremotate”. E i più colpiti sono sempre quelli in muratura, “maggiormente vulnerabili rispetto a quelli in cemento armato, che invece dell’insieme degli edifici danneggiati rappresentano solo il 10 per cento”.
Eppure, come nota Fabrizio Galadini, direttore della sezione milanese dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (dove la sismologia si applica all’ingegneria) a volte non è proprio colpa della natura: “Un terremoto come questo, in Giappone, avrebbe avuto effetti modesti. E va bene i ruderi”, prosegue, “ma sorprendono i casi di danni che coinvolgono il cemento armato.
Ad esempio, nell’ottobre del ’97 a Fellano, dopo il terremoto di Colfiorito, ho visto i tondini venir fuori dai pilastri, non legati. Siamo noi a rendere fragili le case”. La fragilità dei nostri edifici, secondo alcuni esperti, ci avvicina molto di più ai livelli della Grecia o della Turchia che a quelli del Giappone e della California, paesi che con la terra che trema sono capaci di convivere.
E nonostante ciò la politica rinvia. Le nuove norme antisismiche sono pronte dal 2005, ma la loro entrata in vigore è stata posposta di anno in anno. L’ultimo rinvio è di un mese fa: si dovrà aspettare il 30 giugno 2010 per vederle applicate. La situazione non migliora se si passa agli edifici pubblici. Secondo le stime (prudenti) di Gian Michele Calvi, presidente di Eucentre, in Italia sarebbero appunto circa 80 mila quelli a rischio. Tutti palazzi che andrebbero ristrutturati, o in alcuni casi ricostruiti da zero. Fra questi sono le scuole a rappresentare una particolare emergenza. Gli ultimi dati della Protezione civile ci dicono ùche sono 22 mila gli istituti in zona sismica, di cui 16 mila in quelle ad alto rischio. E ben 9 mila non sono stati costruiti secondo moderni criteri antisismici.
Numeri importanti, che però non hanno impedito al governo, prima del dramma abruzzese, di tagliare i fondi alla protezione civile: quest’anno si ridurranno del 18 per cento, per sfiorare un meno 30 per cento nel 2011.
(L’Espresso, 10/4/2009)