ATTUALITA’ – LA PENISOLA DEI FURBI / Sussidi. Case popolari. Esenzioni dal ticket. Niente tasse universitarie. Fanno una vita da benestanti ma truffano per godere di benefici sociali. Dai controlli l’esercito dei finti poveri.
Un tempo c’era chi si limitava a falsificare il passi per invalidi, oggi c’è chi tarocca pure il posto auto riservato. Succede a Palermo, dove un uomo è stato denunciato per aver ritoccato con un adesivo il palo del parcheggio davanti al suo negozio, prenotandoselo fino al 2013. ‘Vero’ il cartello, ‘vero’ il suo permesso (che però apparteneva a una suora morta da quattro anni). È lui il furbetto 2.0, l’evoluzione della specie, capace di passare di volta in volta per povero o per disabile. Tanto i rischi son pochi, visto che nel nostro Paese le punizioni per chi certifica il falso sono virtualmente inesistenti. Se sei incensurato e hai lucrato poco, la pena alla fine non la sconti. “Il malcostume è diffuso, ma il carcere non è la soluzione”, commenta Giuseppe Cascini, segretario dell’Associazione nazionale magistrati: “Ci vorrebbero invece più controlli”. Come quelli che la Guardia di finanza ha intensificato negli ultimi tempi: più 13 per cento, con oltre 4 mila denunciati l’anno.
Se gli anni Ottanta sono stati quelli dei finti ricchi, i Novanta delle finte bionde, il primo decennio del Duemila sarà ricordato per i finti poveri. Migliaia di italiani benestanti che per non rinunciare all’auto sportiva, o alla settimana bianca, non si fanno scrupolo a dichiararsi nullatenenti o quasi. Come l’imprenditore edile di Udine che, guadagnando appena 200 mila euro l’anno, ha pensato bene di regalarsi un altro stipendio a spese del Comune, e dello Stato. Nel solo 2008 ha portato a casa più di 21 mila euro, fra bonus bebè, assegno di maternità, contributo per i figli minorenni e soprattutto ‘reddito di cittadinanza’. Solo grazie a quest’ultimo il costruttore ha incamerato una paghetta da 1.625 euro al mese. Roba da principianti. Infatti c’è chi la truffa l’ha portata avanti per anni, gabbando tutti i controlli: dal 1999 al 2005 un artigiano di Rovereto ha indebitamente intascato 47 mila euro.
Scendendo verso Sud nulla cambia, e al banchetto della spesa pubblica il furbetto non rinuncia. Le fiamme gialle de L’Aquila hanno scoperto 40 capifamiglia che per accaparrarsi il sussidio sociale hanno dichiarato redditi al limite della sopravvivenza (e della credibilità). Passando da Napoli, invece, salta fuori l’evergreen: la falsa pensione d’invalidità. Con vette inarrivabili. Il tribunale partenopeo ha appena condannato un’intera famiglia di 16 persone, tutte e 16 beneficiarie dell’accompagno. Peccato che padre e nonno ‘ciechi’ siano stati immortalati dai poliziotti alla guida della propria auto. Un capolavoro in terra di capolavori. Sempre secondo i dati dei finanzieri solo in Campania il numero dei denunciati ha avuto un picco del 26 per cento, in controtendenza rispetto alla media nazionale. “Il problema”, spiegano gli investigatori, “è l’idea di cavarsela con una ramanzina. Sanzioni più severe scoraggerebbero i furbacchioni. Anche perché non è gente che delinque per necessità, ma finisce per togliere diritti a chi invece è in difficoltà”.
Ci si ingegna su tutto, salute compresa. Nel ricco Nord-Est la Procura trevigiana ha stilato una lunga lista nera di 157 fra imprenditori e professionisti che vivevano il ticket sanitario come un sopruso. Fra loro, una coppia da mezzo milione di euro l’anno, ossia una titolare di agenzia immobiliare e un commercialista, che per avere le analisi gratis si son finti straccioni. O un ‘disoccupato’, che dichiarava di non avere soldi per curarsi, ma riusciva comunque a trovarne per collezionare armi antiche. O ancora un proprietario d’auto d’epoca che in un’occasione aveva millantato l’assegno sociale, in un’altra la pensione minima, un’altra ancora l’indennità di disoccupazione.
Storie simili, quelle scovate dai finanzieri baresi. Cambia il luogo, ma le maschere si somigliano: c’è l’imprenditore milionario, il dirigente Enel, l’avvocatessa, l’ingegnere e il commerciante. Più altri 715, tutti più o meno nullatenenti come loro. Da Bari a Genova, cambiano solo i particolari: c’è la storia del commerciante, i cui due figli frequentano una scuola privata che di sole rette annuali gli costa più del reddito dichiarato. E quella del professionista che con un viaggio oltreoceano avrebbe bruciato più di metà del suo lordo annuale.
I bucanieri delle Asl non hanno risparmiato neanche La Spezia. Qui la Guardia di finanza ne ha denunciati 344, per lo più medici, farmacisti, commercianti, liberi professionisti e manager con un reddito sopra i 100 mila euro l’anno. Ma dove finiscono i pirati arrivano gli zombie. In Sicilia hanno resuscitato un cimitero intero: oltre 2 mila pazienti morti da anni (alcuni da un ventennio) per ‘curare’ i quali 180 medici di famiglia continuavano a intascare compensi. Con un danno all’erario per oltre 600 mila euro. Di morti viventi è piena anche Napoli. Negli ultimi due anni, 40 dottori hanno prescritto ricette a gente deceduta da un bel pezzo.
Agli occhi dei più attrezzati persino la casa può diventare un gentile omaggio del Comune (con danno di chi un alloggio popolare lo aspetta da tempo). Dal 2002 a Prato una rom abitava col suo convivente in un appartamento offerto dai servizi sociali. Fin qui tutto bene, se non fosse per un particolare: in questi anni la donna, ufficialmente priva di ogni reddito, ha versato su due conti correnti la modica cifra di mezzo milione di euro. Rivelandosi anche oculata investitrice: quando ha capito che la banca le avrebbe dato pochi interessi, ha acquistato 100 mila euro dei ben più fruttuosi Bot. Scoperta e sfrattata. Truffa simile per 23 abitanti di Abbiategrasso, che grazie a un ex funzionario compiacente si facevano elargire dal Comune un contributo per l’affitto. Senza averne titolo.
Per i furbetti di seconda generazione l’arte di arrangiarsi segna tutte le fasi della vita. E della famiglia. Si comincia dagli assegni di maternità e bonus bebè e si prosegue con i contributi per i libri scolastici. Tutto questo (e altro ancora) si è visto a Gorizia, dove, dopo mesi e mesi di indagini, prima di capodanno le Fiamme gialle hanno accertato ben 23 casi di cittadini particolarmente distratti nel compilare le loro ‘richieste di agevolazione’. Perché dimentichi di un patrimonio che nell’insieme superava i 400 mila euro (fra immobili, portafogli azionari e depositi su conti corrente).
Piccoli furbetti crescono. E, un volta arrivati all’università, trovano il modo per risparmiare anche sulle tasse accademiche. Accade a Gorizia come a Palermo e nella provincia di Bari. Il mese scorso nel città siciliana gli universitari denunciati per truffa sono stati 12, almeno una ventina nel capoluogo barese. Anche qui, sconti sulle tasse universitarie, borse di studio, posti letto. Neanche a dirlo, la prole del ‘nullatenente’ si è poi scoperto essere spesso figlia di professionista o commerciante. Con tanto di autocertificazioni sul reddito false, ma a volte anche ‘vere’ (in questo caso i genitori sono risultati evasori).
Vien da chiedersi chi li difenderà in tribunale. Non per altro: un imprenditore edile di Casarza Ligure per lesinare sulle noiose spese legali (insomma, per aver l’avvocato gratis) si era dichiarato pure lui nullatenente. Così ha ricevuto una visitina della Finanza, che gli ha fatto pelo e contropelo e ha scoperto che il teoricamente squattrinato aveva eseguito ristrutturazioni a Sestri Levante (va da sé, né fatturate né dichiarate) per quasi 200 mila euro. Una storia simile a gennaio la raccontano i finanzieri triestini, quella di 12 falsi poveri la maggior parte dei quali non voleva saperne di pagarsi il difensore. A proposito di avvocati, ce n’era uno a La Spezia che fungeva da rappresentante legale per un’onlus-truffa, fra le tante che rovinano il buon nome del Terzo settore in Italia. E pur non avendo mai dichiarato alcun tipo di reddito, il legale continuava beatamente a coltivare una sana passione per le quattro ruote (Bentley, Lotus e Cadillac).
Già, auto di lusso e furbetti sembrano andare volentieri a braccetto. Un vigile di Piove di Sacco, nel padovano, pochi giorni fa ha trovato un finto tagliandino del parcometro sul cruscotto di un grosso Suv. Proprietario un commercialista, che si era dato da fare con scanner e photoshop per risparmiare quei pochi centesimi. A quanto pare il parcheggio gratuito è un ‘gadget’ assai ambito. Qualcuno si arrangia mantenendo in vita i morti. Come la signora scoperta di recente dalla Polizia municipale di Firenze, che continuava a esporre il contrassegno della madre deceduta. E come in molti hanno fatto a Roma, tanto che lo scorso anno il Comune ha stimato che un permesso su cinque fosse irregolare. Ma alcuni vanno oltre: di qui il fiorire di finti passi per invalidi in giro per l’Italia. Dal Nord al Centro al Sud. Tanto che a Palermo si sospetta l’esistenza di un vero e proprio mercato nero. A Lecce sono decine quelli sequestrati in seguito a un’indagine della Polizia. E a Parma per arginare il problema, dall’inverno scorso sono stati costretti a ricorrere a una soluzione tecnologica. Un sofisticatissimo permesso plastificato con superfici rifrangenti e chip. Roba da Ris.
“Di finti passi per invalidi a Milano ci tocca controllarne circa 200 l’anno”, racconta Antonello Di Mauro, responsabile del laboratorio falsi documentali per la polizia locale. “Il fenomeno riguarda spesso chi ha un disabile in famiglia, e magari ha tre macchine. Così con le fotocopie ce le fan girare tutte. A volte l’handicap è temporaneo, ma il passi resta. Difficile è provare il reato in tribunale. Ti dicono: “Ho fatto la fotocopia per non farmelo rubare”. E per avere la certezza della pena il furbetto dovrebbe avere l’Oscar della jella: bisognerebbe fermare la vettura col passi taroccato da una parte e quella con l’originale da un’altra. Contemporaneamente”. Se il gioco è tanto facile, chi è che ci sguazza? “Si tratta perlopiù di persone agiate. Quelli che tre macchine possono permettersele”. Un altro tassello nel profilo dell’italico furbetto.
(L’Espresso, 17/4/2009)