Fermate quell’autobus

ATTUALITA’/ Turni massacranti. Autisti distratti, a volte perfino drogati. Scarso addestramento. È boom di incidenti provocati dai mezzi pubblici.

I mezzi di trasporto con la più alta percentuale di incidenti? Sono quelli che dovrebbero garantire sicurezza assoluta, quelli che dovrebbero tutelare al meglio chi viaggia e chi li incrocia: gli autobus di linea dei centri urbani. Sì, proprio i pullman che ogni giorno si riempiono di cittadini che per necessità, per comodità o per scelta etica rinunciano all’automobile. Più che le cronache – martedì scorso uno scontro fra tram a Milano e pochi giorni prima una ragazza in scooter travolta a Bari – sono i dati delle assicurazioni a tracciare l’identikit della minaccia su mezzo pubblico. La statistica dell’Ania è spietata: nel 2007 la frequenza degli incidenti nei centri urbani è stata del 110 per cento. Ciò significa che circa 12 mila bus di linea assicurati hanno registrato 13 mila sinistri: più di uno l’anno per ogni vettura. Certo, si tratta di veicoli grandi, che restano in marcia per moltissime ore di fila. Vero. Ma lo stesso indice nei servizi extraurbani scende al 35 per cento. E nei taxi, che pure filano nel traffico per oltre otto ore al giorno, si attesta al 36,5 per cento: un risultato già altissimo, se confrontato con il 7,8 delle automobili degli italiani. Statistiche a parte, il bilancio è pesante: secondo l’Istat, nel 2007 ci sono stati 28 morti e 2.383 feriti negli incidenti che hanno coinvolto autobus.

Quando senti sindacati e aziende, la risposta è sempre la stessa: la colpa è soprattutto del traffico selvaggio. Ma anche gli autisti hanno le loro responsabilità. A Roma lo scorso anno Trambus ha analizzato 133 incidenti seri: 73 sono stati attribuiti ai guidatori, pari al 54 per cento dei casi. Nella capitale stare al volante di un bestione lungo 12 metri sopravvivendo al caos non è facile: 6.500 autisti macinano 116 milioni di chilometri l’anno. La conta delle colpe però apre comunque un processo ai guidatori. Con accuse di maleducazione che spesso vengono quantificate nei sondaggi tra la clientela: a Roma un autista su dieci usa il cellulare al volante mentre il 7,5 per cento ascolta musica con le cuffiette. In questi casi, il malcostume può anche uccidere: un autista trentenne di Napoli stava telefonando e non si è accorto di avere colpito una giovane psicologa, trascinata sull’asfalto fino a ucciderla. Mancano stime nazionali, ma al vertice dell’Ass. Tra. (l’associazione di categoria) valutano che ci sia il 20 per cento di “comportamenti occasionalmente maleducati”, mentre l’esame delle proteste dei viaggiatori nella capitale fa salire questo indice al 28 per cento. Le rappresentanze sindacali non ci stanno a restare sul banco degli imputati e puntano il dito sulle aziende, che obbligano i guidatori a turni massacranti di straordinario, che non investono in formazione né in manutenzione. Tra stress e contratti meno stabili, di sicuro la figura dell’autista da alcuni anni sta cambiando e diventando sempre meno ambita, lo dimostra la crescente difficoltà a reclutare personale nelle regioni del Nord-ovest: il caro vita spinge i padani a cercare altro. Arruolare stranieri, comunitari e non, invece resta vietato.

Senza controllo
C’è anche un problema di controlli. Gli episodi di pullman affidati a tossicomani e alcolizzati non sono rari. Il 20 dicembre a Roma in viale Newton Gino Anselmi, 66 anni parcheggia l’auto, aziona le quattro frecce e attraversa la strada. Un autobus fuori servizio diretto a tutta velocità verso la rimessa lo travolge e uccide: alla guida un autista che aveva sniffato cocaina. Un mese dopo il 334 è partito a razzo dal capolinea di Saxa Rubra alle nove di sera, rischiando di investire una donna incinta che attraversava sulle strisce. Gli altri passeggeri allarmati hanno chiamato i carabinieri ed è scattata una singolare caccia all’autobus: quando l’hanno intercettato, l’autista è apparso su di giri. I test hanno confermato che era ubriaco. Per non parlare dell’outsourcing, dove il controllo si azzera. Nella capitale il servizio notturno viene appaltato a una ditta esterna. Sull’N4 che dalla centralissima piazza Venezia porta in periferia, l’autista l’11 febbraio ha sbarrato le porte e ha tentato di violentare una turista americana. Tre giorni dopo, a San Valentino, stesso copione: parcheggia nell’oscurità e si spoglia davanti a una ragazza straniera sconvolta. Ma i carabinieri lo stavano seguendo dopo la prima denuncia e l’hanno ammanettato.

Storie estreme che non sono così rare. A Genova in un mese i carabinieri hanno fermato per droga due autisti della municipalizzata. Entrambi hanno dichiarato: “Era per uso personale”. Un modo per alleggerire la loro posizione processuale che rende pesante il destino dei viaggiatori affidati alla loro lucidità. E proprio a Genova avvenne il primo caso clamoroso. Risale al 2005: un pullman della Amt pieno di gente finì in una scarpata percorrendo un rettilineo deserto e la donna al volante risultò che non solo era tossicomane, ma era persino in cura al Sert con il metadone. Si scoprì che non era l’unica: la tutela della privacy aveva tenuto all’oscuro l’azienda civica e i cittadini della minaccia. Da allora ogni tre anni viene annunciata una legge per imporre il narcotest ha chi ha tra le mani la vita di decine di persone. Dopo l’omicidio di Roma finalmente è stata approvata. Restano diverse falle: non ci sono verifiche contro l’alcol. E l’applicazione non è omogenea.

Precari alla guida
A Napoli, per esempio, i test non si sono ancora visti. Milleottocento autisti, età sui 40 anni e stipendio medio di 1.200 euro al mese, vengono considerati “educati e disponibili”. Il problema partenopeo è forse la selezione. Un migliaio di driver vennero assunti con un maxiconcorso, senza nessuna prova pratica: per gli uomini bastava la patente specifica, per le donne nemmeno quella. Anche in altre città italiane ogni tanto si sono replicate infornate di precari: bastava la patente D e l’attestato professionale. Dallo scorso anno l’Italia ha dovuto introdurre criteri europei che impongono corsi di formazione. Ma l’applicazione resta molto flessibile e comunque riguarda solo i neoassunti. E a Napoli, per esempio, ha fatto scalpore il caso di una crocierista americana travolta davanti al Maschio Angioino e ferita in modo gravissimo. Il mezzo era stato affidato a un giovane con contratto interinale.

Anno nero a Milano
Quanto a incidenti, sembra che a tenere banco sia Milano dove i tram restano un simbolo adorato dai cittadini d’ogni fascia sociale. Eppure il 2008 è stato l’anno più nero nella storia dell’Atm: oltre cento feriti e tre morti. Investimenti di pedoni, scontri con auto, deragliamenti, cavi elettrici strappati dai filobus che cadono sugli altri veicoli. Ma soprattutto scontri frontali fra tram. Dieci giorni fa si sono centrati un tram e un autobus, scaraventato in mezzo a un parco: tre i feriti. Il 19 marzo c’è stato il caos, proprio in coincidenza con la presentazione ufficiale del nuovo avveniristico treno metropolitano Meneghino, assaggio della flotta da 293 milioni promessa per l’Expo 2015. A qualche chilometro di distanza, nella stessa mattinata, un filobus della linea 90, con meccanismi da qualche centinaio di euro, si è impigliato nel cavo della corrente trascinandolo per 20 metri. Risultato: mezza città bloccata per ore. I milanesi si sentono traditi e non nascondono il malcontento. L’ultimo sondaggio disposto dall’azienda ha decretato per la prima volta da anni un responso di insoddisfazione: voto 5,9 alla sicurezza con il 45 per cento degli intervistati che ha definito il sistema trasporti milanese non sicuro. Il presidente Elio Catania in consiglio regionale ha scaricato le responsabilità sul Comune, per la carenza di corsie preferenziali, e sulla maleducazione degli automobilisti.

Un intervento tranquillizzante, funestato però da altri due incidenti, uno il giorno prima e uno il giorno dopo l’audizione. Il sindaco Letizia Moratti, primo sponsor del presidente Atm, ha espressamente chiesto una testa da far cadere. Il capro espiatorio è stato individuato nell’ingegnere responsabile della manutenzione, che però è stato solo nascosto sottoterra: l’hanno mandato alla partecipata Perotti che si occupa della manutenzione della metropolitana. E le decine di referti medici stilati dagli ospedali per i passeggeri Atm? L’azienda spesso prova ad attribuire le responsabilità agli autisti. I sindacati rispondono con un dato inquietante: nel solo 2008, gli 8.383 dipendenti Atm hanno effettuato un milione e 800 mila ore di straordinario. Un malcostume che permette all’azienda di risparmiare sulle assunzioni, esasperato dalla decisione di pagare un extra del 10 per cento per ogni ora in straordinario contro il 30 per cento degli anni precedenti. Catania ha promesso mille assunzioni in tre anni, inclusi cento nuovi autisti entro settembre. Un segnale che soddisfa, senza illudere, Rocco Ungaro, segretario della Cgil trasporti milanese, che parla di “un nuovo clima di collaborazione” ma che insiste sulla necessità di assunzioni, oggi assai lontane dal garantire il turn over con i pensionamenti. Atm infatti, ha perso 1.852 dipendenti in 14 anni, a fronte di un aumento esponenziale dei passeggeri. E oltre allo straordinario selvaggio, i Cobas chiamano in causa “dieci anni di mancati investimenti sulla manutenzione dei mezzi”.

In tutta Italia è impossibile capire quanto influisca la manutenzione nel crollo di sicurezza. È facile incontrare torpedoni in condizioni pietose e interrogarsi sull’efficienza dei loro freni. È facile finire su uno dei mastodontici doppi bus romani dal delicato sistema pneumatico che all’improvviso sbuffa e si paralizza in mezzo alle code. In genere, dopo otto anni un bus diventa logoro, ma quasi sempre lo si fa andare avanti per almeno altri cinque anni. Solo le situazioni più anomale fanno notizia. Ad aprile a Genova il sedile si è spezzato e il guidatore è finito gambe all’aria, facendo schiantare il 39 contro un muro. Fortunatamente andava piano: nessun ferito. Pochi giorni dopo il vetro del 17 si è staccato ferendo alla testa un passeggero. Forte il sospetto del sabotaggio: “Situazione incredibile, casi straordinari”, ha commentato Bruno Sessarego, presidente di Atm. Il sabotaggio è un fantasma che viene evocato spesso, ma non hai mai trovato prove. Le storie di furbetti invece non mancano. La capitale pare essere Bari, dove nessuna compagnia vuole più assicurare i mezzi della municipalizzata: 869 feriti in un triennio (vedi box a pag. 81). C’è poi l’assenteismo, diffuso in tutte le città ma particolarmente forte nel capoluogo pugliese: quattro autisti licenziati. All’Amtab la media è di 32 giorni di malattia l’anno, con picchi durante il weekend. E le assenze significano doppi turni per chi resta, con rischio di minore concentrazione. Un mese fa un’autista romano ha descritto i suoi turni nella lettera a un quotidiano: “Ieri la mia giornata lavorativa è cominciata alle 6.44 quando ho preso servizio ed è terminata alle 9.47 quando ho finito lo straordinario, è poi ripresa alle 10.26 e terminata nuovamente alle 16.36 quando ho finito il turno ed è poi cominciata di nuovo alle 20.30 quando ho fatto ancora straordinario fino alle 1.05 di notte”. E ha concluso: “È la terza volta in alcuni mesi che siamo ‘protagonisti’ di incidenti gravi, la cosa peggiore non è che finiremo sul banco degli imputati, ma la sensazione che nessuno faccia poi realmente qualcosa, la consapevolezza che ci si ricordi solo in certi casi che la strada sia pericolosa e che noi tutti dovremmo non dimenticarlo mai, in veste di autisti, automobilisti, pedoni, ciclisti e quant’altro”. La lettera era firmata, dopo due giorni lo stesso giornale ha pubblicato una smentita. Ma sono stati in molti gli autisti a riconoscersi nella massacrante giornata tipo della prima versione.

hanno collaborato Massimo Calandri e Claudio Pappaianni

(L’Espresso, 18/6/2009)