ATTUALITA’ / Più giovani dottorandi, meno baroni ingombranti. I tagli della Gelmini all’università non risparmiano neanche l’antichissimo ateneo di Bologna.
Stavolta però, invece dei soliti pianti greci per i fondi perduti, dalla giunta accademica s’è levata una modesta proposta destinata ad apparire indecente: recuperare i soldi mancanti pensionando professori settantenni. Padre dell’ipotesi di “rottamazione intellettuale” è Dario Braga, da poco nominato prorettore alla ricerca. Agli ordini del rettore Ivano Dionigi, Braga ha avuto il compito di rilanciare l’attività scientifica dell’università bolognese, ma s’è subito trovato davanti a un dilemma: tagliare obbligatoriamente il 10 per cento delle spese rispetto all’anno scorso. E contemporaneamente trovare nuovi fondi per i dottorati, trascurati anche quando le risorse c’erano. A Bologna, infatti – a fronte di migliaia di laureati ogni anno – ci sono solo circa duecento borse di studio per chi vuole continuare a studiare. E l’anno scorso si è addirittura rischiato il dimezzamento, visto che 84 di queste furono salvate in extremis grazie a risparmi una tantum da 4 milioni di euro (che ovviamente quest’anno non ci saranno). Così Braga ha lanciato l’appello pro “buen retiro” ai colleghi anziani, quei docenti fra i 65 e i 70 anni che potrebbero andare in pensione, salvando il futuro di tanti giovani. Senza peraltro dover rinunciare all’attività accademica: il prorettore propone ai pensionandi di continuare comunque a collaborare con l’ateneo, rivestendo i panni di “professore senior”. Insomma, una specie di patto intergenerazionale. Che però deve superare un ostacolo non piccolo: proprio quei baroni in odor di pensione sono in lotta da mesi con l’Alma Mater, a colpi di ricorsi amministrativi, pur di non schiodarsi dalle amate cattedre.
(L’Espresso, 26/11/2009)