ECONOMIA / Sul federalismo la Sicilia arriva prima.
Appena dopo l’approvazione del federalismo demaniale, a via Bellerio – sede storica della Lega Nord – si brinda per la riconquista del Piave, dei grandi laghi del Nord, delle spiagge liguri e venete e di un bel po’ di ex caserme. I parlamentari del Carroccio addirittura regalano a Umberto Bossi un Canaletto. Festeggiamenti stile Champions. In Sicilia invece calma piatta, ma non perché siano delusi per la vittoria leghista. Anzi. A Palazzo dei Normanni, casa della politica siciliana, s’era già brindato, e tanto, due mesi prima. Quando il 10 marzo la commissione paritetica Stato-Regione Sicilia brucia i tempi del sogno leghista e stringe un accordo per il passaggio di una sequela di beni alla regione siciliana. La lista mozza il fiato: la valle dei templi d’Agrigento, il palazzo dei Normanni, i teatri greco e romano di Taormina, l’orecchio di Dioniso di Siracusa, l’acropoli di Selinunte e quella di Pantalica, i resti archeologici di Naxos e così via. Capolavori culturali e artistici che ritorneranno di proprietà dei siciliani (anche se la regione di Lombardo già adesso li gestisce in toto) e di un genere che invece i padani non potranno mai chiedere allo stato, visto che il decreto appena licenziato esclude categoricamente i beni culturali dalla devoluzione. Il trasferimento dovrebbe avvenire dopo l’estate, visto che ormai manca solo il passaggio (formale) della ratifica da parte del consiglio dei ministri. Una ratifica in dirittura d’arrivo, stando alle anticipazioni di Mf, da far passare alla prima riunione in agenda dell’esecutivo. E che segna la vittoria del basso profilo siciliano versus le fanfare leghiste.
(L’Espresso, 28/5/2010)