CREDITO / La Banca del Sud più che un progetto serio è una macchina da guerra elettorale della destra, un affare che fa gola a tanti, un crogiolo di interessi regionalisti. Certo se ne possono dire tante, ma non che non sia soprattutto un salotto elegante e piuttosto esclusivo per l’aristocrazia della finanza (quella che il sangue blu ce l’ha davvero).
Si sarebbe tentati di pensare che la presenza di Carlo di Borbone, ultimo discendente al trono del Regno di Napoli, non rappresenti un semplice “tocco di colore” – e non sia dunque soltanto un elemento «simbolico di grande rilievo » o un «pezzo della storia del Sud», come lo ha presentato il ministro Tremonti – ma piuttosto un’importante risorsa. Ecco perché al dottor Borbone il Corsera ha recentemente dedicato un ritratto ad olio, descrivendone una personalità quasi-fiamminga: più simile a quella del labioroso borghese «avvezzo ad amministrare» che al classico nobile rentier. Il futuro presidente onorario della banca è, infatti, uomo dalle mille risorse, a partire dai suoi contatti privilegiati a livello internazionale. Basti pensare alla sua esperienza nel campo delle pubbliche relazioni a New York, e in Europa ai suoi rapporti con i Grimaldi del ricchissimo principato di Monaco. O, ancora, ai legami della moglie con la Vitrociset – società leader nei grandi sistemi elettronici ed informatici – della quale la sorella Edoarda è azionista di maggioranza. Così come nella figura del dottor Borbone si manifesta una vocazione global della Banca del Sud, nell’aspirante senatore Ruspoli – che della banca sarà vicepresidente onorario – è possibile individuare una tendenza local-leghista tutta italiana. Candidato capolista di Alternativa sociale per il Lazio, Ruspoli non ha mai fatto mistero delle sue simpatie (di radice anti-unitaria) per Bossi, né tanto meno delle sue convinzioni veteroguelfe. In particolare, Ruspoli – a differenza di Borbone – ha avuto esperienza diretta nel mondo della finanza, occupando per sei anni una poltrona nel comitato esecutivo della Bnl.
Aristocrazia e finanza
La trionfale rentrée di un paio di principi di antico lignaggio sulla scena nostrana indurrebbe a pensare che questo possa essere un momento d’oro per la nobiltà italica. E tuttavia le polemiche non sono mancate, proprio da parte di quell’Unione monarchica che ancora vede nei Borboni gli avversari storici dell’unificazione italiana sotto le insegne sabaude. Sergio Boschiero, segretario del movimento, stigmatizza una possibile deriva federalista di una banca del Mezzogiorno con in testa un ex sovrano del Mezzogiorno. Eppure, a ben vedere, i rapporti tra Savoia e Borbone non sono tesi come sembrano. Se da un lato Amedeo di Savoia-Aosta esprime soltanto stima per il cugino Borbone, dall’altra parrebbe il caso di ricordare come, in occasione dell’arrivo dell’ex famiglia reale nella città di Napoli, tra le proteste dei neoborbonici, unica voce fuori dal coro fosse stata proprio quella di Carlo. E chissà che, tra parenti, i Savoia non siano già pronti a ricambiare la sentita accoglienza del cugino (e del governo Berlusconi) in modo concreto. Magari attingendo a quel tesoro dall’entità non confermata di circa due miliardi di euro (congelato dal ’46 nei sotterranei della Banca d’Italia, e oggi apparentemente in via di restituzione) per diventare azionisti di primo piano della Banca del Sud. E fare una bella figura di fronte all’elettorato meridionale, alimentando i sogni politici del giovane Emanuele Filiberto.
Una banca “elettorale”
Dai discorsi fatti finora viene fuori la (scarsa) utilità della banca per il meridione e il (grande) profitto per pochi soggetti dai nomi altisonanti. Ma la Banca del Sud, a ben vedere, serve anche alla politica e non poco. Il fatto che il comitato promotore sia nato ad appena tre mesi dalle elezioni, e si sia riunito per la prima volta a poco più di un mese dalla consultazione elettorale, non può essere un caso. Come ha evidenziato Vincenzo Maggioni, preside della facoltà di economia della Seconda Università di Napoli, «Tremonti ha utilizzato il primo incontro del comitato promotore per fare polemiche con l’opposizione, non fornendo elementi utili per giudicare le caratteristiche del nuovo istituto». E infatti dei presunti effetti benefici per il meridione se ne stanno fregiando un po’ tutte quelle forze politiche vicine al titolare dell’Economia. In primis i leghisti-federalisti, che al Sud sono capitanati dalla figura di Raffaele Lombardo, presidente della provincia di Catania e segretario del Movimento per l’autonomia.«La Banca è un segnale concreto per creare finalmente uno sviluppo autoctono e non assistito – ha detto Lombardo – e la provincia di Catania sarà il primo ente pubblico ad acquistarne azioni, diventando così socio fondatore ». Come visto, di simpatie leghiste è lo stesso Ruspoli, pur fedele alla formazione di Alessandra Mussolini. Del resto anche il partito di estrema destra sta cavalcando il ritornello “Banca del Sud”, visto la presenza sul territorio meridionale e il legame con ambienti nobiliari e monarchici. Infine il premier Berlusconi non ha mancato di rivendicare il progetto come «volano di sviluppo» per il Sud, anche se nel suo partito non mancano perplessità, come proprio quelle del ministro per il Mezzogiorno Miccichè. Freddi invece gli alleati del Cavaliere: più volte il leader di An, Gianfranco Fini, ha mostrato segni di fastidio per un’iniziativa bollata come «folkloristica».Insomma, a parte qualche stonatura, il progetto Banca del Sud è uno dei cavalli di battaglia della campagna elettorale del centrodestra nelle regioni meridionali. E che la Banca non veda mai la luce o sia completamente inutile o ancora che sia un vantaggio per pochi, poco importa. Quel che conta è che riesca a solleticare l’orgoglio meridionale e accenda la speranza di un riscatto economico e sociale per il Mezzogiorno. E soprattutto che si traduca in consenso sonante. Ciò che davvero accadrà dal 10 aprile in poi è solo un dettaglio.2. fine. La prima puntata è stata pubblicata ieri
(Europa, 5/4/2006)