Non solo Rossi. È Londra il nuovo approdo dei vip che evadono il fiscoAltro che bandiera italiana.Quando in sella alla sua Yamaha Valentino Rossi vince l’ennesimo gran premio, è la croce di san Giorgio che dovrebbe sventolare, invece che il tricolore. Benché trascorra gran parte del suo tempo in Italia, infatti, l’asso del motomondiale è ufficialmente residente a Londra dal marzo 2000. Non tanto per una flemmatica scelta di vita, quanto per sfuggire al fisco italiano, e non pagare così un centesimo di tasse sui contratti milionari che firma. Stessa soluzione adottata anche da altri vip e campioni dello sport, come il manager della Renault in Formula uno, Flavio Briatore.Nel caso di Rossi, però, l’escamotage non ha fermato i funzionari dell’Agenzia delle entrate di Pesaro.Che lo scorso 3 agosto hanno bussato al domicilio (italiano) del nostro residente inglese, in località Tavullia, per notificargli l’accertamento fiscale per il quinquennio 2000-2005: ben 25 milioni di euro di tasse evase. Cifra che potrebbe anche lievitare se si applicasse la connessa multa, che varia da due a quattro volte l’imposta evasa. Ma anche diminuire, se il campione marchigiano dovesse decidere di saldare entro 30 giorni.
Al di là del caso specifico, l’accertamento degli uomini di Visco è un segnale forte nei confronti di tutti quelli che negli ultimi anni hanno trovato il proprio paradiso (fiscale) in Inghilterra, nuova meta “trendy” dell’evasore italico.
E stando ai dirigenti dell’Agenzia, non sarebbero neanche pochi. Tutto dipende da una norma della legislazione fiscale inglese che permette ai “residenti ma non domiciliati” di dichiarare solo i guadagni prodotti in Inghilterra. In questo modo i vari Rossi e Briatore, da un lato dichiarano pochi euro di reddito al fisco britannico, dall’altro sfuggono all’imposizione italiana in quanto non residenti nel nostro paese. Il cerchio si chiude con la costituzione di società sparse in paradisi fiscali, serbatoi dove poi far confluire le ricche sponsorizzazioni e i contratti stipulati fuori dall’Inghilterra.
Per fare giusto un esempio, l’inventore del Billionaire è iscritto all’Aire, l’anagrafe degli italiani residenti all’estero, dove si certifica la sua residenza londinese. E il grosso dei profitti è sparso fra diverse fiduciarie localizzate in staterelli fiscalmente “invitanti”: dal Lussemburgo a Hong Kong, dalle Isole Vergini all’arcipelago delle Marshall.
Ma la strategia Rossi-Briatore non è che un saggio della fantasia degli studi di consulenza fiscale, che per i campioni dello sport e finanzieri loro clienti vanno sfornando modi sempre nuovi per eludere l’erario.
Ne sia dimostrazione il filo rosso che lega personaggi fra loro diversi come l’ex allenatore del Real Madrid, Fabio Capello, il presidente del Genoa, Enrico Preziosi e l’immobiliarista più famoso d’Italia, Stefano Ricucci.
Tutti e tre, per gestire i propri guadagni e non doverne serbare una bella fetta per lo stato italiano, hanno creato delle società di diritto lussemburghese per amministrare i loro affari. I profitti fanno tappa nel Granducato, ma queste società sono controllate a loro volta da un trust a Guernsey, isolotto della Manica formalmente indipendente da Francia e Gran Bretagna. Dove, va da sé, il livello d’imposizione fiscale sfiora il ridicolo.
Per Capello e Preziosi il meccanismo funziona ancora bene, mentre le scatole cinesi di Ricucci sono state travolte dalle indagini giudiziarie sulle scalate di due estati fa.
Non si potrebbe concludere questa breve rassegna sulle scorribande dei ricchi italiani senza menzionare Montecarlo. Il principato è stato per anni l’Eldorado degli evasori, visto che lì, ormai da quasi 150 anni, le tasse sul reddito sono state abolite. Nell’ultimo lustro, tuttavia, le cose sono cambiate: l’Agenzia delle entrate ha portato avanti una lotta senza quartiere contro gli italiani del Principato. A partire dal ‘99, quando l’allora ministro delle finanze Visco ha inserito Monaco nella black list dei paradisi fiscali, dotando gli ispettori di una normativa che facilita la caccia (grossa) alla grande evasione.
Così dal 2001 ad oggi è partita una lunga sfilza di contenziosi. E in molti hanno accettato di venire a patti con il fisco, tornando a prendere la residenza in Italia: da Luciano Pavarotti a Katia Ricciarelli, da Andrea Bocelli a Ennio Morricone. Altri invece non mollano, e hanno tuttora un contenzioso aperto con l’Agenzia delle entrate: altri campioni su due ruote, Max Biaggi, Loris Capirossi e Pierfrancesco Chili, l’ex sciatore Alberto Tomba e il pilota Nicola Larini. Clamoroso, infine, il caso di Mario Cipollini: al ciclista il fisco ha pignorato targhe, coppe e perfino le bici per recuperare parte delle imposte contestate.
(Europa, 9/8/2007)