Il Piccolo: “Che grandi trasformisti guru e santoni d’Italia: incantano pure lo Stato”

SOCIETÀ – INCHIESTA / Un libro di Gianni Del Vecchio e Stefano Pitrelli, pubblicato da Rizzoli, toglie la maschera alle numerose sette presenti nel nostro Paese.

di Alessandro Mezzena Lona

Errore numero uno: solo le persone deboli, disperate, finiscono per credere ai santoni, ai guru. Errore numero due: perché perdere tempo a occuparsi di sette se, in fin dei conti, sono solo fenomeni marginali, periferici? Come dire: la galassia dei gruppi che fanno della spiritualità, della realizzazione di se stessi, del superamento dei propri limiti psicologici, il proprio punto di forza, è molto più agguerrita di quanto si possa pensare. Ha trovato il modo di farsi ascoltare dai politici. Ha scoperto la via per coinvolgere chi si batte per l’ambiente, per la pace, per i diritti umani e le libertà individuali. Mascherandosi dietro associazioni che, apparentemente, non c’entrano con le sette.

Questa è la galassia di “Occulto Italia”, il mondo che opera nell’ombra e in piena luce raccontato da due giornalisti, Gianni Del Vecchio e Stefano Pitrelli, nell’omonimo libro pubblicato da Rizzoli (pagg. 507, euro 12,50).

Facendo della segretezza il proprio punto di forza, molti di questi gruppi hanno trovato udienza tra parlamentari e imprenditori, tra uomini di spettacolo e professori. E se, come raccontano Del Vecchio e Pitrelli, docenti formati da Scientology insegnano tranquillamente nelle scuole pubbliche con il benestare dello Stato, il gruppo di Damanhur controlla alcuni comuni del Piemonte grazie alla regolare elezione di loro rappresentanti. E se, a suo tempo, proprio il gruppo che ha costruito lo spettacolare tempio sotterraneo a Baldissero Canavese ha ottenuto una sorta di benedizione da Piero Fassino, con la sua Ontopsicologia, Antonio Meneghetti ha fatto breccia nel cuore di Marcello Dell’Utri. Mentre il Movimento Umanista ha dato vita a un partito tutto suo, in sintonia con l’Italia dei Valori di Antonio Di Pietro.

La galassia di questi gruppi è immensa, variegatissima. Abbiamo chiesto a Stefano Pitrelli perché sia giusto definirle sette e non movimenti spirituali, religiosi.

«Poniamo che un cattolico decida di lasciare la propria religione per abbracciarne un’altra – spiega -. Un tempo forse partiva la scomunica, e sulla carta esiste ancora. Magari tua madre, tuo padre storce il naso, ma la cosa finisce lì. Lo stesso vale se un ebreo abbandona il proprio credo. Se invece tenti di abbandonare una setta, finisci per rimanere solo».

In che senso?

«Quelle che noi chiamiamo sette fanno un grande lavoro soprattutto all’inizio. Quando devono reclutare un nuovo adepto, tendono a separarlo dai legami che rischiano di rendere non assoluto il rapporto con il gruppo, la fratellanza, il santone. Poi, quando sei dentro, uscirne diventa difficile: ti ritrovi completamente solo. Gli amici di prima sono spariti: la setta li considera “nemici”, come tutti quelli che non si lasciano trascinare nel gruppo. E non basta».

Che cosa succede ancora a chi tenta di andarsene?

«Scattano una serie di meccanismi punitivi, di recupero di chi vuole abbandonare la setta. Così, la ragnatela che ti è stata cucita tutto attorno cercherà di trattenerti. Entrando nel gruppo fai terra bruciata attorno a te, quando provi a uscire il vecchio mondo è sparito. Questo spiega perché le definiamo sette e non gruppi spirituali o religiosi. Alcune di queste non pretendono nemmeno di esserlo una religione».

Eppure molti politici, molti amministratori, si fanno incantare da loro…

«Molte sette amano ammantarsi del titolo di onlus. Perché conferisce immediatamente, a chi ce l’ha, un’immagine positiva. Oggi conta tantissimo saper proiettare sul pubblico l’immagine giusta al momento giusto.

Quando si rivolgono a chi si occupa di volontariato, ad esempio, mostreranno la faccia della solidarietà, dell’altruismo».

Ai partiti promettono voti?

«Ai politici fanno capire che sono un gruppo di persone in grado di spostare voti. Di far vin- cere o perdere questo o quel candidato. Insomma, sono de- gli abilissimi Zelig capaci di indossare una quantità incredibile di maschere diverse».

Partecipano tutti a questo ballo in maschera. Destra, Sinistra…

«Sì, il coinvolgimento è assolutamente trasversale. Perché alcune sette si sentono più affini a una parte politica piuttosto che a un’altra. Chi ha una sensibilità più ecologista troverà maggiori simpatie nella Sinistra. Chi invece predica il successo sfrenato in azienda, nella società, nel sistema capitalistico, si appoggerà giocoforza alla Destra».

Possono cambiare idea in corsa?

«Tutte le sette che abbiamo studiato dimostrano una notevole capacità mimetica, di fare amicizia, di stringere legami, di conquistare simpatie sia a Destra che a Sinistra. Senza distinzioni. Potremmo definirlo un fenomeno transpartitico».

Che armi ci sono per opporsi alle sette, posto che in Italia il plagio non è contemplato come reato?

«La vecchia accusa di plagio aveva un difetto fondamentale: prestava il fianco a un utilizzo di tipo politico. La Corte aveva de- finito inconstituzionale il provvedimento, l’8 giugno del 1981, perché invece di tutelare i più deboli rischiava di diventare un pericolo per la libertà persona- le. In attesa di nuove proposte di legge, solo l’informazione può aiutare la gente a esercitare il dubbio. Lo spirito critico».

Parlare, scrivere, informare: è l’unico sbarramento che ci resta?

«Può servire a esercitare uno sguardo critico nei confronti dei messaggi che ci bombardano. Penso ai media, alla pubblicità, ma anche alle frasi che ci arriva- no nel telefono cellulare. Messo sul chi vive, ognuno di noi diventa un po’ meno penetrabile. Impara piano piano a non farsi ammaestrare».

Viviamo in un tempo dominato dalla tivù…

«Infatti, non a caso, in Italia comanda chi ha un grande potere nel mondo delle telecomuni- cazioni. Se ci fosse una maggiore immunizzazione, credo che tutti noi sapremmo arginare questo bombardamento di messaggi. La gente è impigrita, troppo disposta a farsi abbindolare da chi parla facile. Da chi finge di essere come te, di non ingannarti».

E se ti offre la via della felicità?

«Allora il richiamo è ancora più forte. Come resistere a uno che ti dice: da oggi la tua vita cambierà se abbracci la mia dottrina. Se compri i miei quadri o i braccialetti che allontanano le energie negative. Questo non è il paradiso, troppo lontano, delle grandi religioni monoteiste. No: è la felicità pronta cassa».

(Il Piccolo, 25/3/2011)