È appena uscito per Bur “Occulto Italia”, a firma di Gianni Del Vecchio e Stefano Pitrelli, prefazione di Lucia Annunziata. Il libro si propone di mettere in guardia i lettori da quelli che definisce “sette” e “culti pericolosi” e dedica numerosi capitoli a Damanhur. Cosa scrive “Occulto Italia” su Damanhur?
di Silvio “Stambecco Pesco” Palombo
NDA: Iniziamo da oggi a pubblicare le reazioni ufficiali da parte dei gruppi analizzati nel nostro libro.
Scrive molte cose, alcune esatte altre meno, ma questo potrebbe essere comprensibile considerando i tempi ristretti in cui opera oggi l’editoria che non lasciano spazio a veri approfondimenti. Damanhur, inoltre, è un tema complesso e variegato, una realtà che cambia costantemente. Peraltro Del Vecchio e Pitrelli non sono mai venuti qui per fare la loro inchiesta. I due autori, in verità, premettono che il fatto di non avere avuto nessun contatto diretto con Damanhur, né con gli altri gruppi citati, fa parte di una precisa scelta metodologica. Dichiarare di non voler avere nessun contatto con la realtà di cui si scrive basta a rendere corretto il metodo e le conclusioni?
Ciò che maggiormente mi colpisce, leggendo il loro lavoro, è l’interpretazione unidirezionale dell’indagine: tutto ciò di cui parlano risulterebbe essere dal loro punto di vista la dimostrazione che Damanhur è un luogo di infelicità, sfruttamento, mortificazione. Perché? Innanzitutto, credo, perché così è stato spiegato loro da quattro ex damanhuriani che sul libro mantengono l’anonimato. E poi perché… perché sì.
Ciò che io penso di Damanhur, ciò che ho contribuito a realizzare, ciò che mi piacerebbe che fosse diverso, è scritto nel libro “La mia Damanhur”. Mi limito a dire che “Occulto Italia” è un lavoro deludente, che manca di qualunque osservazione costruttiva, che ha un’unica chiave di lettura.
Semmai, voglio sottolineare come la sua impostazione generale riveli che nulla è cambiato nel nostro Paese, pur a fronte di un generale rinnovamento che sta avvenendo a tutte le latitudini, dal punto di vista della spiritualità religiosa e della libertà personale. Ovunque gli steccati che separano le diverse esperienze di ricerca interiore si sono abbassati, in ogni luogo del mondo le sensibilità mistiche e spirituali non sono più una divisione ma un punto che avvicina le persone, tutte le culture hanno imparato ad apprezzare il percorso di chi crea per se stesso e per gli altri qualcosa di nuovo, uscendo da percorsi noti, assumendosene ogni responsabilità. In Italia, questo non può avvenire, la religione è ancora La Religione, perfino per gli atei.
Da un lato, cresce un laicismo giacobino che, con un’interpretazione disinvolta dei principi illuministi, bolla come superstiziosa ogni iniziativa di esplorazione della realtà al fuori dei canoni del più ristretto materialismo.
Dall’altro, prospera ancora un cattolicesimo – proprio anche di molti non praticanti – che considera eretico, quindi cattivo e soprattutto pericoloso, tutto ciò che esce a qualunque titolo dalla “tradizione dei Padri”.
L’amalgama tra queste due tendenze, il peggio del laicismo e del cattolicesimo, fusi e confusi per tenere in piedi governi, banche, coalizioni, non solo blocca ogni possibile rinnovamento in Italia, ma contrasta in ogni modo lo sviluppo di esperimenti sociali come il nostro, che pure molta prova hanno dato, nel tempo, di essere cellule vive e preziose. Damanhur è un esempio di iniziativa libera, creativa, solidale, radicata nel territorio e indipendente da qualsiasi potere politico: proprio per questo, per chi quel potere teme di perderlo, è un nemico da annientare, prima che dimostri che anche in questi tempi, segnati da crisi economica e di valori, è possibile costruire un futuro migliore.
Così si rispolverano proposte di legge sul plagio, da applicare contro chi viene accusato di tradire i valori del passato, del certo e del sicuro: temo proprio che le sbandierate leggi sul plagio, se approvate, non servirebbero a difendere i deboli da chi vuole approfittarsi di loro, bensì a impedire a gente che ha sogni, valori nuovi e volontà di condurre la propria vita come sceglie.
Questo vecchio paradigma culturale limita pesantemente le nostre libertà di cittadini italiani ed europei, impedendoci – o cercando di farlo – di vivere come abbiamo liberamente scelto di fare, nella libera spiritualità, nel rispetto della legge, nella battaglia civile per modificarla quand’essa ci trascura, nella tutela del territorio, nella continua ricerca di confronto e scambio.
Il libro della Bur parla per assiomi e manipola dati e informazioni in un’unica direzione, che rappresenta il tema da svolgere: screditare Damanhur (e altre esperienze di vita e ricerca).
Anche “La mia Damanhur” è un testo probabilmente non obiettivo, dato che è scritto da me, che in Damanhur mi riconosco e che quindi sono legato a essa da affetto ed emozione, oltre che da profonde convinzioni. Ma è un libro scritto in prima persona, che racconta delle rose senza nascondere le spine, sul quale “metto la faccia” e del quale sono testimone diretto. E questo credo abbia ancora un valore.
(unostambeccoadamanhur, 16/3/2011)