update / Il Déjà Vu del Riformista, 6 (epilogo)

Dove infine, annunciando l’apertura degli archivi di Bad Arolsen, il Riformista ricostruisce (retroattivamente) i fatti in modo un poco più preciso.

Germania / Una Glasnost scomoda sui lager.Berlino apre gli archivi segreti sul nazismoGiallo sulle verità nascoste di Bad Arolsen.

La polemica coinvolse anche l’Italia, il ruolo di D’Alema

di PAOLO SOLDINI

L’undicesima firma, quella della Grecia, è arrivata ieri e da oggi il più grande archivio sugli stranieri nella Germania nazista, ebrei deportati dai paesi occupati e poi sterminati, detenuti nei Lager, prigionieri di guerra, internati militari italiani, ma anche emigranti economici e volontari di fede nazionalsocialista, è accessibile a tutti. Cinquanta e più milioni di pagine che riguardano almeno 17 milioni di persone, che per oltre sessant’anni sono rimaste sepolte in 27 chilometri di corridoi sotterranei scavati nelle viscere di Bad Arolsen, a nord di Kassel, diventano una fonte preziosa di documentazione a disposizione non solo degli studiosi di storia ma di chiunque voglia ricostruire la storia di un parente scomparso nella Germania di Hitler. Alla costituzione dell’archivio si cominciò a lavorare sessantadue anni fa, quando la guerra non era ancora finita, per iniziativa dell’International Tracing Service, un’agenzia anglo-americana che cominciò a raccogliere e a schedare documenti e testimonianze su tutti gli stranieri di cui si sapeva che avevano vissuto per qualche tempo sul territorio del Terzo Reich. Nel 1955 l’archivio dell’Its fu affidato alla Croce Rossa Internazionale, la quale, nella gestione dei documenti, doveva rendere conto ai governi di dieci paesi (Belgio, Francia, Germania, Grecia, Israele, Italia, Lussemburgo, Paesi Bassi, Regno Unito e Usa) cui più tardi si aggiunse anche la Polonia.

Israele e gli Usa si espressero fin dall’inizio per l’apertura dell’archivio e con il passare degli anni quasi tutti gli altri paesi adottarono la stessa posizione. Anche la Germania, dai cui governi erano venute, in passato, le resistenze più forti. Nell’estate scorsa si aspettava la ratifica di due soli paesi: la Grecia e l’Italia. Va dato atto al governo Prodi, e in particolare al ministro degli Esteri D’Alema, di aver reagito con rapidità e grande disponibilità quando, prima l’ Espresso e poi il Riformista , portarono la questione del “ritardo” italiano (che durante il governo Berlusconi era stato surrettiziamente motivato con un’inesistente opposizione tedesca) all’attenzione dell’opinione pubblica. Il ministero degli Esteri preparò uno schema di ratifica urgente che, senza lungaggini, finì sul tavolo del presidente Napolitano, il quale lo firmò immediatamente.

Ora che è arrivato il sì anche da Atene l’archivio è davvero accessibile. E non soltanto per gli studiosi che hanno chiesto e ottenuto negli anni il permesso di consultare questo o quel dossier, oppure per investigatori, giudici o avvocati alla ricerca di materiali relativi a procedimenti legali, ma per tutti. Chiunque abbia motivo di indagare sulla sorte d’una persona che abbia vissuto in Germania tra il 1939 e il 1945 potrà farlo, fatti salvi i diritti alla privacy delle persone ancora in vita o degli eredi. Si presume che a Bad Arolsen ci si organizzerà più o meno sullo schema e sulle procedure che gli americani avevano messo in atto a Berlino, per l’archivio in cui erano raccolti gli iscritti al partito nazista e che dopo l’unificazione fu trasferito alle autorità della Repubblica federale: delle grandi sale in cui i richiedenti ricevono brevi manu il dossier desiderato, che possono leggere sotto gli occhi di un supervisore, prendendo appunti ma senza fare fotocopie.

Che cosa ci si aspetta che possa emergere dalle carte di Bad Arolsen? L’estate scorsa, quando si discuteva del “ritardo” italiano, furono avanzate alcune ipotesi. Le Assicurazioni Generali smentirono, in modo convincente, l’ipotesi di un interesse del gruppo a non aprire l’archivio in cui si potrebbero rintracciare elementi sulle polizze incassate da persone poi scomparse. C’era poi una filière vaticana, quella dell’aiuto che alcuni criminali nazisti ricevettero per la loro fuga all’estero. Fu evocata anche la possibilità che la consultazione dell’archivio potesse permettere di accertare responsabilità di tecnici e funzionari italiani nella costruzione di alcuni Lager, tra cui Auschwitz-Birkenau (la partecipazione di operai volontari italiani alla realizzazione della fabbrica chimica annessa al campo è stata già accertata).

Ma è probabile che le carte serviranno, soprattutto, a sostenere l’azione di quanti chiederanno di essere risarciti per il lavoro schiavile cui furono costretti in Germania. Poche settimane fa si è scoperto che anche la Bmw ne fece larghissimo uso. Come la Thyssen, la Siemens e altri grandi gruppi ancora attivi e potenti. Sono loro, forse, che temono di più quanto uscirà dai sotterranei di Bad Arolsen.

(Il Riformista, 29/11/2007)