Il Mucchio Selvaggio: "Le Meduse"

QUESTIONI / Le sette sono tante, ma l’importante non è catalogarle, è capire come funzionano. Come questi satelliti dell’occulto incrociano le loro orbite con altri mondi, altri poteri. Ci hanno provato due giovani cronisti de “l’Espresso”, che partendo da un’inchiesta su Scientology hanno allargato la prospettiva. E’ nato così Occulto Italia, libro di traiettorie, di collegamenti. Un po’ inquietanti.

di Massimo Del Papa

Tu dici setta e t’immagini un tempio di mattocchi alla mercè del santone, un cerchio chiuso, morboso, isolato. Che risucchia ma non si apre. Errore. Le sette sono più simili a colossali meduse, i cui filamenti si protendono fino a quelli di altre meduse ugualmente gigantesche, a formare viluppi velenosi. Viluppi di potere. Gianni Del Vecchio e Stefano Pitrelli non hanno guardato al dito del tempio ma alla luna delle articolazioni, dei meccanismi, dei viluppi di queste meduse in un mare della tranquillità apparente. Che loro sono andati a disturbare con Occulto Italia (Bur, 2011), libro inquietante, proteso a scavare sotto la luce del sole, alla ricerca del lato oscuro della luna. Le sorprese non mancano, gli elementi sui quali riflettere neppure. Abbiamo incontrato gli autori, che rispondono alle nostre domande con una voce sola, in perfetta concordanza: elemento significativo per una indagine che o vive sulla compattezza estrema di chi la anima, o è destinata a soccombere, stritolata tra le enormi meduse.

Occulto Italia affronta un tema scivoloso, sfuggente: da dove siete partiti, o meglio: che vi è saltato in mente?

(sorridono, Ndr) Ah, questa è… una tipica storia americana, se vuoi. È partito tutto da un servizio su Scientology che avevamo fatto per “l’Espresso” un paio d’anni fa. Dopodiché Rizzoli ha avuto l’idea di un’inchiesta a più ampio spettro, e così è nato il libro. Che ci ha tenuto impegnati per un anno buono.

Io sospettavo che almeno uno di voi si fosse scottato con esperienze di setta; se non direttamente, per interposto parente, fidanzata, amico… La classica storia per cui ti portano via una presenza cara e allora tu, giornalista, dici: ve la farò pagare.

Invece è tutto l’opposto, ed è importante per noi precisarlo: non c’è dietro nessun fatto personale o derivato, non è il dies irae, anzi da parte nostra c’è un certo distacco: non siamo interessati alla setta classica, o a come classicamente viene percepita. Quello che ci interessava era delineare e precisare i meccanismi, i rapporti con altri contesti. Il lavoro è stato difficile per questo, perché si trattava di tracciare certe coordinate che di solito non emergono: il “fattore-setta” vive di per sé, come entità che poi è quello che permette l’indottrinamento. Ma difficilmente ci si pone il problema di contestualizzare una organizzazione non solo nel suo ambiente, ma in rapporto con altri mondi, che poi sono altri centri di potere. Speriamo di avere offerto un contributo.

Ma è la politica a venire infiltrata dalle sette, o il contrario? Dal vostro libro, si nota come molti leader ad ogni livello facciano riferimento a qualche setta. Qual è il rapporto che si instaura? Di convenienza reciproca, di apprendistato carismatico? Un serbatoio da cui attingere, una struttura cui riferirsi?

Ci pare che il tratto comune sia quello della convenienza: esiste un bacino elettorale, si tratta di fidelizzarlo. Qui può nascere, come in effetti nasce, il rapporto politica-organizzazione, che è biunivoco ma al quale, senza dubbio, la politica guarda con un certo interesse. Fermo restando il meccanismo della convenien- za, vanno poi distinti due tipi di approccio: quello del leader che non si pone troppe domande, che non indaga su chi ha davanti – o su cosa c’è dietro, sotto, e tende a sviluppare il suo bacino di utenza; e poi c’è l’altro leader, che sa benissimo con chi ha a che fare e non si fa scrupoli, anzi proprio su quella base ne approfitta, si organizza, lavora alla sua trama di relazioni.

Nel vostro libro le situazioni sono tante. I damanhuriani tesserati Verdi per la pace che sostengono il ministro verde Pecoraro Scanio e la Grazia Francescato. La governatrice del Piemonte in rapporti con la stessa setta, come pure Fassino, nuovo sindaco di Torino. Le trasversalità di Scientology. Il santone Sai Baba con la sua incredibile essenza bipartisan: dal fratello di Craxi all’Italia dei Valori di Di Pietro. Dell’Utri e l’Ontopsicologia. La Soka Gakkai che “scommette su Veltroni”. L’apertura di credito alla stessa setta dal ministro Melandri. Ma i politici, secondo voi, credono davvero a questi Coboldi e Gnomi?

A volte Coboldi e simili sono in realtà persone vere, che del personaggio immaginario si prendono il nome. Quindi viene meno il risvolto fantastico in ragione di una concretezza di rapporti. Al di là del singolo, quello che gioca a favore è spesso una sintonia ideologica. Nei Verdi, ad esempio, c’è questa convenienza nel mangiarsi il bocconcino dei voti; ma non si escludono certe affi- nità e suggestioni radicate negli anni Settanta: Damanhur nasce come comune, uno schema di convivenza tipico di quel periodo, coi suoi villaggi, le realtà ecosostenibili eccetera. Quindi a questo punto diventa più facile, più immediata una consonanza di intenti tra una determinata formazione politica ed una organizzazione.

Qual è il confine tra libero pensiero e settarismo? Ogni santone proprio alla libertà di pensiero si ispira, e viene creduto. Un pensiero diverso, eccentrico, quindi libero per definizione.

Il dubbio. Questo è il succo del libro. La libertà del dubbio. La possibilità di riconoscere, di ammettere determinate storture nell’organizzazione cui si appartiene, e di denunciarle. Il dovere del dubbio, in un certo senso. Nella parte conclusiva del libro noi ci soffermiamo molto sui sintomi, i segnali tipici di una setta, gli aspetti da riconoscere subito e di cui diffidare. Fermo restando, come si diceva poco fa, che questo non è il manuale delle Giovani Marmotte contro le sette, abbiamo pensato giusto mettere in evidenza determinate manifestazioni che rendono riconoscibile questo divieto di dubitare, che poi è l’anticamera dell’assorbimento, o arruolamento in una organizzazione.

L’informazione stessa è a volte invischiata con le sette. Ma anche l’informazione in sé può diventare una setta? Coi suoi guru, le sue promesse di felicità, le sue catarsi nel nome della verità, la luce, la democrazia?

Qui da dire ce ne sarebbe; ma, in definitiva, è sempre questione di dubbio. Anche nell’informazione. Di fatto, l’informazione schierata, faziosa, riflette gli schieramenti e le faziosità della poli- tica: faziosi i leader, faziosi gli informatori. È un brutto sintomo, comunque: porta ad elaborare parole-contenitori per definire il “nemico”. Un sistema più feudale che settario.
Siamo alla gran festa dei diritti, dell’eguaglianza, delle mille garanzie e le mille parità dei cittadini. Che però vanno nelle sette dove la regola è l’opposto, gerarchie, strutture a casta, sudditan- za, controllo.

Non sarà che l’orgia di retorica poi genera nausea?

C’è da dire che queste formazioni ti offrono una felicità pronto cassa: le loro sono seduzioni antiche. Più che di nausea, parle- remmo di un percorso incompleto di maturazione sociale. La democrazia è impegnativa, costa, e il prezzo della libertà è per molti un fardello.

L’informazione quanto alimenta i culti settari? E quanto contribuisce la Rete?

Ci siamo resi conto che spesso l’informazione, per superficialità, pigrizia, obiettiva difficoltà di risalire alle fonti o di verificarle (le sette sono organizzate molto bene, ed hanno uffici stampa assai attrezzati ed efficienti), finiscono col diffondere una immagine positiva di certe realtà. A volte senza neppure malizia, per un atteggiamento automatico. Per questo abbiamo voluto andare a vedere cosa c’era di “nascosto sotto la luce del sole”, per usare una locuzione americana.

Dalle vostre pagine affiorano situazioni inquietanti ma anche amenità come l’iPod per le piante, oppure svariate forme di danze sacre, contattivismo galattico, vegetalismo e animalismo infantile, le dottoresse Carota o Albicocca. Il sapore è delle favole, ma in un mondo malato di scetticismo fanno presa. Non è così strano, ma vorrei capire il meccanismo.

Consideriamo che si tratta di “teologie” che non si disvelano mai immediatamente nella loro totalità; vengono fuori poco a poco, c’è tutto un percorso, un “cammino misterico”, che naturalmente è più o meno raffinato ma comunque sempre calibrato: il trucco è proprio quello di rendere partecipe l’adepto volta a volta, di schiudergli sem- pre nuove verità, o nuovi spicchi della verità. La punta dell’iceberg di per sé non spaventa, anzi attrae. E allora è facile partire da piccoli compromessi sulla tua razionalità: dopodiché, uno si accorge che il percorso è andato molto oltre, e che è difficile tornare indietro, anche a volerlo. Perché naturalmente è molto curato anche il peri- colo della defezione, che potrebbe originarne altre. Allora si punta a renderla problematica, a scoraggiarla, a recuperare il fuggiasco.

È molto interessante constatare il legame, da voi documentato che corre tra certo ambientalismo radicale e un misticismo da setta. Nel nome dell’acqua pulita, del territorio come dimensione mistica, e di un sacco di altre cose edificanti. Vorrei un commento.

“Edificante”, è la parola chiave: in senso lato, e in molti sensi. Mentre si predica di amor sacro per la natura, si sventrano intere colline e si tirano su – si edificano – templi di cemento. L’ipocrisia salta all’occhio.

Ma non a tutti, pare. A quel punto l’iceberg emerge in tutta la sua possenza, come uno ziggurat, ma se lo mandano giù! Voi comunque passate in rassegna alcune sette extrareligiose, ma non vi occupate, certamente per scelta, di quelle nel seno della Chiesa: focolarini, opus dei, neocatecumenali, CL-Compagnia delle opere. Come mai?

Meno male che ce la fai, questa domanda! E la risposta è: per mere questioni editoriali. C’erano già lavori, e parecchi, su que- st’altre formazioni, anche nella nostra stessa collana – quello di Ferruccio Pinotti su Opus dei segreta è un esempio. Non era pro- prio il caso di ripetersi per una mera questione di completezza: il libro è già abbastanza nutrito con i soli casi che trattiamo, e anzi ha richiesto un lavoro di editing, di concentrazione delle situazio- ni, perché è chiaro che anche in questi mondi paralleli che noi descriviamo, se cominci a raccontare non finisci più, quindi alla fine ti limiti ai casi salienti…

Leggendovi, mi è venuto un sospetto malizioso. Quante popstar, oggi, strutturano il loro culto in modo aderente a una setta, con gli stessi caratteri, le identiche formule, fidelizzando il pubblico in un rapporto morboso, da “o dentro o fuori”?

Ah, assolutamente! I santoni dopotutto sono delle rockstar. E viceversa. Santoni in competizione per un pubblico, che ti mettono di fronte a una scelta di campo: o con me o con l’altro, dun- que contro di me. E, non a caso, anche le rockstar hanno le loro strutture a supporto, il marketing, gli uffici stampa, un certo modo di manifestarsi… Fattori che non servono solo a vendere, ma prima ancora a fidelizzare. Anche nel loro caso, si tende a ridurre lo spirito critico: l’artista X non si discute si ama. Certamente, va poi aggiunto che nei casi artistici poi la convin- zione si circoscrive, normalmente, alla sfera del consumo, cioè tu pubblico, tu fan mi segui e finisce lì: non c’è un assorbimento di vita o addirittura fisico, la dimensione comunitaria, il distacco dai contesti originari, non si vuole la mente per la mente…

Cioè è il fan che, più o meno suggestionato, decide di conferirsi completamente all’Idolo. Ma non è l’Idolo che vuole la tua anima.

Esattamente. Però l’analogia resta, e non a caso noi puntavamo a tracciare, aristotelicamente se vuoi, la forma di una suggestione, a renderla evidente in modo che potesse essere proiettata su altri con- testi: la politica, la stessa musica, lo spettacolo, a volte lo sport…

“Dico no alla droga, dico sì alla vita”. Tu firmi, e chi non sarebbe d’accordo? E ti ritrovi testimonial di Narconon, cioè Scientology. Quanto ci manca Frank Zappa, il suo cinismo ragionato…

È una questione che ci hanno posto spesso, specie alle presenta- zioni del libro, e in effetti le buone intenzioni vanno benissimo, ma… andrebbero soppesate. Verificate per quanto possibile. La nostra risposta è sempre la stessa: chiediti chi ne beneficia. Dubita. Vai dietro. Perché la buona intenzione non può venire assimilata pavlovianamente, secondo uno schema di stimolazione-risposta. Cosa che d’altra parte avviene, e molto spesso, troppo spesso evidentemente.

E se fossero le sette a entrare direttamente in politica?

Ah, ma questo in qualche caso è già accaduto. Con la Soka Gakkai in Giappone, ad esempio. Più in generale, tuttavia, alla setta con- viene mantenere uno schermo, coltivare un rapporto di lobby con questo o quell’interlocutore, anzi con più interlocutori politici: hanno la struttura già pronta, e possono concentrarsi sulla loro organizzazione, come strategia è più efficace e più conveniente.

Ci sono tanti testimonial famosi per le sette: Soka Gakkai, ma è solo un esempio, tra i suoi precetti recita: “è abolita l’espressione ‘non sono d’accordo’, ha testimonial, anche molto noti, impegnati sul fronte dei diritti politici (penso a Sabina Guzzanti, ma è solo un nome), per i quali pubblicamente difendono tutt’altri valori a partire dal dovere del dissenso. Secondo voi come si fa a coniugare simili incoerenze?

Si tratta di un’organizzazione colossale, molto articolata, molto ramificata anche nelle sue posizioni ideali o ideologiche. La stessa concezione dei diritti politici, della democrazia, può declinarsi all’interno in diverse sfumature. E allora il soggetto può convivere con altri che la pensano in modo difforme, o comunque trovare un compromesso tra le sue due sfere. Naturalmente, col nostro libro abbiamo cercato, narrandole, di mettere in luce certe contraddizioni, come quelli sulle quali ci interpelli. Ma quando una organizzazione arriva a raccogliere cinquanta, sessantamila adepti solo in Italia, capisci che in un certo senso molto diventa possibile. Perché va detto anche questo, che un conto è la compattezza dell’organizzazione in sé, proiettata, “sparata” all’esterno; un altro le sfumature interne, le divergenze, le piccole cor- renti. Proprio come nei partiti.

C’è forse una sorta di debolezza, di insicurezza in certi personaggi di grido, nel cercare certezze, nell’enfatizzare i rituali, i simboli? Cosa sono, scorciatoie, desiderio di stabilità, di affidarsi a qualcuno dopo che molta gente si affida a te, pende dalle tue labbra, ti viene a “consumare”?

Divi, leader, popstar spesso credono in cose del genere: casi emblematici quelli di Travolta, di Tom Cruise con Scientology, che difatti fanno discutere. Però questi non hanno bisogno del ritor- no d’immagine, anzi sono loro che portano la loro immagine all’organizzazione, in cerca di credibilità e di affidabilità. E i seguaci non sono i pazzerelli, i diseredati, non tutti almeno. C’è anche gente di successo, affermata, ma cultura e razionalità non sono la stessa cosa, non sempre vanno di pari passo. Quando sei debole, ferito, accasciato dalla vita, ti capita di perdere lucidità, obiettività. È qui che entra in gioco la setta. Che è molto, molto brava nel capire i tuoi punti di rottura. Sembrano capirti, a volte più di quanto tu stesso non ti capisca. E ti offrono, subito, immediatamente, una spiegazione, anche un sollievo per l’errore chepuoi avere commesso, o comunque del quale ti incolpi. A quel punto, la suggestione è già scattata.

Altra cosa che colpisce: spesso queste sette tuonano contro le religioni per così dire ufficiali, però puntano ad accreditarsi come tali, ad entrare nel novero, 8 x 1000 incluso.

Beh… è ovvio che se una organizzazione può aspirare a benefici, pubblici o indirettamente pubblici, ne approfitta! Ma c’è anche, se non prima, una questione di immagine, di autorevolezza. L’aura. La credibilità che può avere un culto ufficialmente riconosciuto, e che tra l’altro può spedire i suoi ministri nelle scuole, nelle forze armate e così via. Chiamiamoli “asset”, se ci piace. Sono un bollino blu, che va oltre il pur ambito 8 x 1000…

Ho capito, una bandiera blu della credenza. Dopo questo libro, avete ricevuto reazioni da… setta? Io una volta toccai i boy scout e mi arrivarono minacce di morte…

(momento di ilarità, NdR). No, non a questi livelli, per fortuna… In realtà, abbiamo registrato attacchi in Rete, e ce lo aspettavamo, per screditarci, per attaccarci personalmente. Mentre noi non puntiamo il dito contro il soggetto che entra in una organizzazione, cerchiamo di individuare le dinamiche di contatto tra mondi, con le rispettive storture e connivenze. The dark side of the moon. Ma non diamo a nessuno del “plagiato”, e ci mettiamo pure le virgolette. Abbiamo sempre pubblicato le risposte ufficiali delle organizzazioni, quando sono arrivate. Poi, certo, alle presentazioni c’è sempre qualcuno che… la sa lunga…

(Il Mucchio Selvaggio, estate 2011)