ATTUALITA’ – I GRANDI SERVIZI / Più di 8 mila sette e 240 mila italiani nella loro rete. Ecco i più recenti rapporti su un fenomeno sempre più inquietante.
di Antonio Sanfrancesco
I numeri – Nel 2010 a finire nella trappola delle ottomila sette presenti nel nostro Paese sono stati circa 240 mila italiani, in prevalenza uomini (54%) rispetto alle donne (46). I più a rischio sono giovani (36%) e adulti (44), meno gli anziani (20). A smentire l’erronea credenza che a finire nella rete sono prevalentemente le persone povere e disperate, le sette fanno proseliti soprattutto tra il ceto medio (42%) e alto (38). Nella geografia del fenomeno la maggiore presenza di movimenti è al Nord, con Lombardia (16%) ed Emilia Romagna (15) in pole, seguiti, al Centro, dal Lazio (13) e, al Sud, dalla Puglia (11).
L’identikit – Il fenomeno è molto variegato e complesso. Internet è un formidabile strumento per adescare nuovi adepti, soprattutto tra adolescenti e giovanissimi, e molti guru utilizzano un linguaggio che ammicca al sacro e a quello delle religioni promettendo benefici spirituali.
Ci sono i culti distruttivi come spiritismo, vampirismo e satanismo che si rivolgono per lo più a giovani di 14-16 anni promettendogli l’illusione di avere tutto grazie al male e al contatto soprannaturale con entità malefiche (stregoni, spiriti, diavoli…). Le psicosette invece puntano ai beni dei loro seguaci attraverso tecniche di manipolazione mentale molto raffinate. A questa categoria, ad esempio, appartiene Scientology, l’Ontopsicologia e l’associazione degli Ergoniani. Le sette pseudo-religiose invece fanno proseliti tra le persone in difficoltà e con problemi di salute, principalmente 30-50enni, utilizzando un linguaggio sacrale. Poi ci sono le sette magico-esoteriche. Il loro bacino d’utenza è costituito da persone colte e benestanti alla ricerca di riti misterici. Spesso però i loro cerimoniali si rivelano vere e proprie truffe o si risolvono in atti criminali. Ci sono le sette acido-giovanili che attraverso il web reclutano giovani che quando entrano a far parte finiscono con l’abusare di alcol, droga, messe nere, sesso e musica estrema. Un aspetto accomuna tutti questi gruppi: la promessa a chi si avvicina della felicità immediata, pronto cassa. Che spesso si rivela la più terribile delle trappole.
OCCULTO ITALIA
«Il diavolo», ha scritto William Shakespeare, «ha il potere di comparire agli uomini in forme seducenti e ingannatorie». Non a caso, quindi, le sette di cui parlano Gianni Del Vecchio e Stefano Pitrelli in Occulto Italia (Rizzoli, pp. 510, €. 12,50) per fare proseliti utilizzano concetti come spiritualità, realizzazione di se stessi, raggiungimento della felicità, superamento dei propri limiti, rispetto dell’ambiente. Quel che (forse) sapevamo già è che questa galassia di movimenti spesso trasformano il bisogno di certezze e di sacro degli adepti in un concreto business milionario per pochi. Quel che ancora non sappiamo, invece, è che questo mondo misterioso popolato da riti bizzarri, improbabili guarigioni e teorie strampalate non solo ha permeato la società italiana ma può contare su una rete di complicità ai più alti livelli politici e istituzionali. L’inchiesta di Del Vecchio e Pitrelli, basandosi su documenti ufficiali e le testimonianze di molti fuoriusciti, mette a nudo proprio questi rapporti ambigui tra politica e sette dove non ci sono né destra e sinistra ma un gioco di sponda perfettamente bipartisan. A volte per fini elettorali, altre per un malinteso senso di libertà e tolleranza, altre ancora per superficialità o buonafede.
Ecco, quindi, la comunità piemontese di Damanhur – una strana miscela di naturalismo, ecologismo e paganesimo – fondata da un certo Oberto Airaudi, chiamato Falco in onore del dio egizio Horus, che in Val Chiusella, in Piemonte, sede del quartier generale, ha costruito un tempio sotterraneo (abusivo e poi condonato grazie ad una legge ad templum) visitato da molti politici. Su tutti i Verdi, ma anche l’ex presidente del Piemonte Mercedes Bresso e Piero Fassino. Emblematico di questo rapporto è il caso dell’ex leader del “Sole che ride” Alfonso Pecoraro Scanio che alle politiche del 2006 nel comune di Vidracco, sede del gruppo, riesce a raccogliere più preferenze del candidato del centrosinistra Romano Prodi.
Nella rete di Scientology, che gestisce un giro d’affari fra i dieci e cinquanta milioni di euro all’anno, finì anche il Ministero della Pubblica Istruzione all’epoca di Letizia Moratti quando alcuni funzionari concessero a un ente appartenente alla chiesa americana l’accreditamento per la formazione degli insegnanti della scuola pubblica. E nel maggio 2010 il senatore del Pdl Salvo Fleres presentò un’interrogazione parlamentare al ministro dell’Interno Maroni per chiedere che Scientology venisse riconosciuta dallo Stato come organizzazione religiosa a tutti gli effetti. C’è il leader dell’Ontopsicologia, tal Antonio Meneghetti, che nel 2006 era ospite di Marcello Dell’Utri al raduno dei “Circoli del Buongoverno” e dall’anno scorso è riuscito persino a ottenere all’Università La Sapienza di Roma un master post laurea nella Facoltà di Sociologia gestito dagli ontopsicologi dal titolo «Corso di alta formazione in creatività e impresa». Non solo, il gruppo dal ’99 è stato riconosciuto anche dall’Onu.
La setta giapponese buddista e new age Soka Gakkai per la quale simpatizzano, tra gli altri, Roberto Baggio, Sabina Guzzanti e Giovanna Melandri, è stata molto vicina a vedersi riconosciuta dallo Stato italiano una quota dell’8 per mille benché con il buddismo ufficiale non abbia nulla a che fare. Alcuni seguaci del cosiddetto Partito Umanista e del santone indiano Sai Baba sono finiti candidati nelle liste dell’Idv di Antonio Di Pietro. Infine, l’ex deputato dipietrista Domenico Scilipoti, passato armi e bagagli sulla sponda berlusconiana il 14 dicembre scorso, era stato incaricato dal suo ex leader di presiedere l’Osservatorio antiplagio del partito anche se lui stesso ha fondato il Movimento olistico, «una prima bozza di un vero e proprio partito del new age italiano» scrivono gli autori, e chiamato tra i consulenti un damanhuriano.
SETTE, ANZI LOBBY
Una galassia ampia e variegata, spesso difficile da decifrare. Abbiamo chiesto a Gianni Del Vecchio, uno degli autori del libro, perché in questa inchiesta anziché di sette si parla di lobby settarie.
Qual è la differenza?
«Perché abbiamo voluto analizzare il fenomeno escludendo le sette sataniche, che producono fatti di sangue puntualmente ripresi dai media, per concentrarci su quel 90 per cento di gruppi che operano nell’ombra e intrecciano rapporti in maniera occulta con la politica, le istituzioni, l’università, il mondo dello spettacolo e le grandi imprese attraverso un’azione di lobbying costante e mirata».
Come ci si può opporre a queste sette visto che in Italia il reato di plagio non esiste più dopo la decisione della Corte Costituzionale del 1981 che lo ha dichiarato incostituzionale?
«Purtroppo il vuoto che c’è nella nostra legislazione andrebbe colmato al più presto. Non parlerei di reato di plagio ma di manipolazione mentale, come hanno fatto in Francia nel 2001 con un consenso bipartisan, e in Spagna, nel ’94 sulla scia di alcune inchieste giudiziarie su Scientology. Nel caso delle sette sataniche, dove vengono commessi omicidi a volte efferati, la legge offre agli inquirenti tutti gli strumenti per poter intervenire e punire i responsabili. Per queste lobbies, invece, l’indottrinamento è più soft ma chi cade nella trappola viene spesso inconsapevolmente danneggiato non solo dal punto di vista economico ma anche da quello psicologico».
Eppure in Parlamento vengono presentati vari disegni di legge per reintrodurre questo reato. Perché non si riesce ad andare fino in fondo?
«Per due motivi: la pressione lobbistica delle sette, rivelatasi efficace nell’influenzare chi è chiamato a legiferare, e perché molti, soprattutto a sinistra, associano automaticamente il reato di plagio a un reato d’opinione».
Queste sette, però, sanno anche mimetizzarsi molto bene.
«È il loro punto di forza. Molte utilizzano gruppi di facciata come fanno alcune imprese con il meccanismo delle scatole cinesi. Tutte le lobbies settarie, grazie a una comunicazione efficace e agguerritissima, riescono a esaltare gli aspetti più folcloristici, colorati e buonisti del loro culto, facendo leva su messaggi come la pace nel mondo, la lotta alla povertà o i diritti umani. Per fare proselitismo, inoltre, possono contare su molti testimonial famosi che arruolano per le loro campagne pubblicitarie».
Il libro si chiude con una frase molto forte: «La struttura verticistica di una setta è il sogno inconfessato di ogni leader di partito». Cosa significa: che i leader politici sono assimilabili sic et simpliciter a guru e santoni?
«Certo che no. È una provocazione per sottolineare come oggi ci sia una forte personalizzazione di tutti i partiti rispetto alla prima Repubblica. Se a questo aggiungiamo il fatto che, in virtù della legge elettorale, è il leader che sceglie di fatto gli eletti, ogni partito si configura come una struttura piramidale con al vertice, appunto, il capo e poi, via via, i nominati. Proprio come nelle sette».
(Famiglia Cristiana.it, 15/7/2011)