ATTUALITA’ : AFFARI DA SPIAGGIA / Concessioni a costi irrisori. Canoni demaniali aggirati. E ora anche il taglio dell’Iva. Così gli stabilimenti massimizzano i profitti. E aumentano i prezzi per i villeggianti. Per i turisti un rincaro medio dell’8 per cento. L’impennata maggiore a Sud. Il record a Forte dei Marmi.
Per gli italiani l’estate al mare è ormai diventata un privilegio, perché anche quest’anno il costo di un giorno in spiaggia è andato aumentando ovunque. Anche per i proprietari degli stabilimenti si tratta di un privilegio. Ma in un altro senso: affitti minimi, massimi guadagni. Così i prezzi finiscono per salire complessivamente dell’8,1 per cento: dai 9,50 euro di media per un ombrellone nel 2004, ai 13 di oggi. Va ancora peggio, secondo le rilevazioni di Federconsumatori-Adusbef, per gli abbonamenti giornalieri (da 16 a 19), i mensili (da 440 a 550), e quelli stagionali, da 897 euro a 1200.
Gli aumenti, poi, si differenziano molto da un capo all’altro della penisola: stando a uno studio di Trademark Italia, il sud diventa sempre più caro (più 5,3 per cento rispetto all’anno scorso), il centro un po’ meno (più 2,7), mentre il nord è quasi stabile (più 1,4). In particolare sulla costa adriatica si risparmia, soprattutto nei lidi veneti (tra gli 11,5 e i 14 euro), mentre i prezzi salgono in Romagna (dai 14 euro di Rimini ai 16 di Milano marittima), nelle Marche (19 a Pesaro) e in Puglia (18 a Castellaneta). Arrivando su su coi prezzi lungo il Tirreno e nelle isole: 19,50 a Sanremo, 30 a Follonica. Ma se a Forte dei Marmi il turista si svena (ombrellone più sdraio fino a 55 euro), il concessionario ci sguazza, pagando al demanio canoni risibili. Una rendita di posizione che da anni nessuno riesce a intaccare.
Ci ha anche provato, la politica, ad affrontare la questione. È successo tre anni fa, quando il ministro dell’Economia Giulio Tremonti inserisce nella Finaziaria 2004 l’aumento del 300 per cento dei canoni demaniali. Il provvedimento passa, sì, ma finisce “congelato” dal rifiuto di pagare dei balneari, la cui protesta trova eco trasversale nella l’arena politica italiana: dalla Margherita a Forza Italia, dai Ds all’Udc e An. Uno schieramento bipartisan attivissimo anche lo scorso anno, per la Finanziaria 2007. Anche grazie al sostegno del vicepremier Francesco Rutelli, i concessionari delle spiagge portano a casa un risultato importante: l’aumento del 300 per cento dei canoni viene cancellato, e viene garantito il rimborso da parte del fisco a chi, onestamente, aveva pagato quanto dovuto; la durata delle concessioni poi si allunga, da 6 fino ad un massimo di 20 anni (certo sempre meno dei 50 anni originariamente richiesti). Una vittoria sonante, ma con una piccola macchia: non aver impedito la ridefinizione dei canoni demaniali. La Finanziaria infatti prevede che rimangano i valori irrisori per l’affitto della spiaggia, mentre sancisce un adeguamento per le cosiddette “pertinenze”, ossia tutti quei manufatti complementari all’attività degli stabilimenti. Si tratta di strutture parecchio redditizie, come ad esempio bar, ristoranti e alberghi.
La norma scatena già da gennaio l’ennesima protesta. Parte così una pressante offensiva del Sindacato italiano balneari (Sib), che in marzo scrive a regioni e comuni affinché congelino il nuovo meccanismo di calcolo, proponendo il pagamento del medesimo canone dello scorso anno, “salvo conguaglio” successivo. A fine maggio il delegato di Federturismo, Renato Papagni, incontra anche il capo di gabinetto di Rutelli. E un mese più tardi l’Agenzia del demanio diffonde una nota in cui circoscrive la definizione di “pertinenze” non considerando tali, opere “invasive” come cabine in muratura, campi sportivi, piscine, servizi igienici e terrazze a uso dei bagnanti. Rimangono soggetti ad aumenti solo gli esercizi commerciali veri e propri, come bar, ristoranti e alberghi. Ma anche in questo caso gli aumenti sono molto contenuti se si raffrontano i canoni demaniali con il valore di mercato. In una simulazione fatta per un bar di 300 metri quadri, il Demanio ha messo a confronto il canone medio annuo dovuto fino a quest’anno, 309 euro, con quello attuale, 7.750 euro. Un aumento importante, ma che acquista tutt’altro valore se si considera quanto si pagherebbe per l’affitto dello stesso bar se la proprietà fosse diun privato: 30mila euro. “La differenza – dice Riccardo Borgo, presidente del Sib – si spiega col fatto che dobbiamo fare in proprio i lavori di manutenzione. Così come spetta a noi sopportare i costi di un’eventuale ricostruzione in caso di mareggiate”. Tuttavia la Finanziaria prevede la riduzione del canone del 50 per cento in caso di eventi dannosi di eccezionale gravità.
Insomma, aumenti quest’anno ci saranno, ma comunque contenuti. L’Agenzia del demanio ha previsto un incremento di 220 milioni rispetto ai 68 riscossi l’anno scorso: 288 milioni in totale, cifra che però quasi scompare se la si raffronta al fatturato annuo degli stabilimenti, che supera i 2 miliardi di euro. Proiezione fatta peraltro senza considerare l’incidenza dell’elusione fiscale. Il Demanio infatti si è trovato a dover fare i conti con più di un “furbetto”: dai primi controlli ha rilevato come alcuni balneri dichiarino alla stregua di ombrelloni e lettini delle strutture in muratura. E così ridimensionano, stavolta fuori dai confini della legalità, quando dovuto allo Stato. La lobby degli stabilimenti potrebbe quindi cantar vittoria. E invece già fissa un altro obiettivo per amplificare i guadagni sulle spalle della collettività: la riduzione dell’Iva. “Dobbiamo affrontare con Rutelli un altro aspetto vitale”, afferma Papagni, “e cioè passare dall’attuale aliquota Iva del 20 per cento al 4-5 per cento applicato in Europa”. Ossia un guadagno del 15 per cento, che applicato in maniera grossolana sui 2 miliardi di fatturato farebbe altri 300 milioni nelle casse dei balneari.
(L’Espresso, 26/7/2007)