ATTUALITA’: ENERGIA – LE FONTI RINNOVABILI / Aumenta il numero delle aziende interessate. E dei pannelli installati. Grazie anche agli incentivi statali. Così l’Italia scopre un nuovo business: quello del fotovoltaico.
Un paese baciato dal sole che al sole si affida: uffici pubblici, caserme, carceri e ospedali alimentati dai pannelli solari, ville autosufficienti che rivendono l’energia in eccesso, centrali fotovoltaiche a zero emissioni. È questa l’Italia del futuro per chi crede nelle potenzialità dell’energia solare. E su questa grande speranza nel nostro Paese sta montando un business. Basti chiedere a quelli del Gifi, Gruppo imprese fotovoltaiche italiane. I loro telefoni squillano ogni giorno con richieste di piccoli imprenditori che vogliono capire come entrare nell’affare. Le cifre parlano chiaro: dal 1999 al 2007 il numero delle aziende è quasi triplicato (da 46 a 130) e il loro fatturato è passato da circa 25 milioni di euro agli attuali 520. Per non parlare dei posti di lavoro creati, da 220 a 1.700. E non è che l’inizio.
Secondo le stime del Gestore dei servizi elettrici (Gse) il tasso di crescita sta rapidamente aumentando: quest’anno si prevede l’installazione di impianti per 150-200 megawatt, ossia quasi il doppio dell’intera produzione attuale (intorno ai 100). “Tutta energia pulita, nessuna emissione d’anidride carbonica”, esulta Edoardo Zanchini, responsabile energia e territorio di Legambiente: “I vantaggi dello sviluppo del mercato fotovoltaico stanno nel fatto che si riduce la domanda di elettricità da fonti inquinanti”.
L’esplosione del fotovoltaico non è un fenomeno spontaneo, ma s’iscrive nella più ampia politica energetica italiana, sia a livello europeo che nazionale. Da un lato il nostro Paese si è impegnato con Bruxelles per portare entro il 2020 il consumo di energie rinnovabili al 17 per cento rispetto al 5,2 del 2005. Dall’altro la Finanziaria 2008 ha previsto una serie di misure in favore delle rinnovabili, dalle detrazioni fiscali agli incentivi alla produzione.
Per il boom, insomma, ci sono tutte le premesse. Più che a una forte coscienza verde degli italiani, tuttavia, qui c’entrano i finanziamenti statali (oggi i più vantaggiosi d’Europa), che per il 2016 puntano a una produzione nazionale di 3 mila mw, e continueranno a garantire incentivi almeno fino a quota 1.200. L’obiettivo è sviluppare il mercato italiano, lo strumento è il cosiddetto ‘nuovo conto energia’, che dal febbraio 2007 ha soppiantato quello datato 2005-2006, nonché i vecchi incentivi in conto capitale. Semplificandone le regole, e dunque facilitando l’accesso. Ecco come stanno le cose. Incentivi costanti per 20 anni a chi installa un impianto (proporzionali alla sua produzione) che si concretizzano nel fatto che ogni singolo kw prodotto, anche se consumato in proprio, viene pagato dal Gse a un prezzo quasi triplo (36-49 centesimo di euro) rispetto a quello di mercato (18 centesimi). Si tratta di valori validi per il 2008, che andranno poi a calare con cadenza del 2 per cento nei prossimi anni. A questo finanziamento (che serve a ripagarsi l’impianto) si aggiunge il risparmio energetico in sé. E se poi produci più di quanto consumi l’Enel te lo scala dai conti futuri, mentre se produci di meno, paghi solo la differenza sulla bolletta.
Ma questi incentivi chi li paga? È proprio sulle nostre bollette che bisogna andare a cercare la chiave di volta di tutta questa struttura: alla vocina A3, che a ben vedere rappresenta il 10 per cento della tariffa media nazionale (nel 2006 pari a 3,5 miliardi di euro). Piccola voce, grande serbatoio, al quale si va ad attingere per favorire le energie rinnovabili (inclusa quella solare, che a onor del vero ne beneficia in minima parte) così come le cosiddette ‘assimilate’ (fra le quali fumi di scarico e combustibili fossili, che finora l’hanno fatta da padrone).
Chi saranno i protagonisti di questa nuova corsa all’oro solare? Il Gse fornisce un quadro aggiornato. Alla fine del 2007 la potenza fotovoltaica installata in Italia con il conto energia era intorno ai 65 mw. Al 9 gennaio 2008, poi, si parla di 2.306 nuovi impianti appena nati. Prevalentemente di piccola taglia, visto che il 98 per cento si colloca fra 1 e 20 kw: si tenga conto che un impianto da 3 kilowatt è quello che mediamente servirebbe a una famiglia. A volte, invece, sono i capannoni delle industrie o dei centri commerciali, piuttosto che i tetti dei condomini, a far da specchio al sole.
O, su scala più ampia, terreni abbandonati o incolti verso i quali, in varie regioni d’Italia, si segnala un improvviso risveglio di interesse. In prospettiva, il filone più corposo della miniera è infatti rappresentato dalle grandi centrali multi-megawatt che approfittano dell’elevata radiazione solare disponibile nel Paese, ricoprendo vaste superfici con fitte schiere di pannelli (per un megawatt, che ‘illumina’ quasi 500 famiglie, occorrono l’equivalente di due campi di calcio). È un filone al quale secondo il Gse si andrà ad attingere soprattutto a partire da quest’anno, ma che già oggi di centrali ne conta ben 23, per una potenza complessiva di 16,3 mw. In crescita.
Fra i primi passi compiuti in questa direzione troviamo quelli intrapresi dal Gruppo Sorgenia (di proprietà dell’editore di questo giornale), che attraverso la controllata Soluxia di centrali fotovoltaiche ne ha già nove attive (per un totale di 9 mw), aggiudicandosi il titolo di leader italiano privato del settore. Altre sei saranno pronte nel primo semestre di quest’anno, ma dopo il primo round di 15 centrali da un megawatt (tetto oltre il quale non era possibile spingersi col vecchio conto energia) se ne prevedono altre, sempre targate Soluxia, dai 5 mw in su, realizzate per conto proprio, o in partnership con operatori finanziari.
Fra le imprese, a questa corsa partecipa anche la Italgest, che a Brindisi sta costruendo una centrale fotovoltaica con tanto di benedizione di Legambiente: la Helios mira al ragguardevole traguardo degli 11mw. Discorso a parte merita l’Enel, alla cui scuderia (oltre alla veterana di Serre Persano, da 3,3 mw) andrà ad aggiungersi entro l’estate quella di Montalto di Castro, che coi suoi previsti 6 mw sarà la più grande d’Italia. L’Enel punta anche sulle isole, dove il sole certo non manca: le Eolie ospiteranno impianti fotovoltaici per un totale complessivo di 1,5 mw, mentre Capraia da sola ne avrà uno da 80 kw.
Alle tante luci di questo sviluppo esponenziale del solare italiano, però, corrisponde anche qualche ombra. A partire dai fattori di mercato, che rischiano di ridimensionare almeno in parte l’impatto degli incentivi. I prezzi dei pannelli stanno aumentando, e sono destinati a crescere. Secondo i calcoli dell’Enel, installare quei famosi 3 kilowatt fotovoltaici per una famiglia oggi costa intorno ai 23 mila euro, e cioè molto più dei 18 mila necessari solo due anni fa. E questo perché la domanda mondiale di silicio – il materiale che traduce i raggi solari in elettricità – cresce a ritmi molto più alti della sua produzione. Tutti lo cercano, tutti lo vogliono: quelli dell’industria elettronica ci fanno i chip per i computer, quelli dell’industria solare ci fanno le celle (unità base dei pannelli), il risultato è una penuria mondiale. Che non andrà migliorando. Secondo i ricercatori dell’Enea la tecnologia a base di silicio è quella che dominerà il mercato almeno fino al 2020. Al momento, dunque, non se ne può fare a meno, visto che il 91 per cento dei moduli in commercio contiene proprio ‘wafer’ di silicio.
Insomma, i pannelli solari diventano sempre più preziosi: in media mille euro l’uno, come ben sanno quelli che i pannelli li vanno a rubare dai grossi impianti.Nel solo 2007 le forze dell’ordine hanno registrato più di 200 colpi messi a segno sul territorio nazionale, mentre a Genova e in Campania sono finiti agli arresti cittadini marocchini che controllavano un traffico verso il loro paese d’origine.
Per chi decide di usare il sole per far funzionare i propri elettrodomestici, un altro aspetto che può riservare brutte sorprese è la scarsa competenza delle imprese installatrici. “Negli ultimi anni sono nate tante piccole aziende”, avverte Tommaso Genova, segretario del Gifi, “non sempre provviste del know-how necessario a montare correttamente gli impianti. Spesso si tratta di comuni elettricisti che s’improvvisano installatori. Così i pannelli finiscono per produrre meno del previsto, si allungano i tempi per rifarsi delle spese, e si rischia di dare ingiustamente una cattiva fama al solare. Che invece, messo nelle condizioni giuste, le promesse le mantiene”. Una vera iattura, se si pensa che la resa del silicio è già bassa di suo (attorno al 13 per cento in condizioni ottimali). Insomma, costi in aumento e installazioni imperfette minacciano la crescita di questo mercato. E nella peggiore delle ipotesi potrebbero far scoppiare quella che alcuni operatori già chiamano ‘bolla solare’.
Poi c’è un altro problema: un pannello è utile, ‘verde’ e futuristico. Ma spesso è anche inesorabilmente brutto. E c’è chi se ne lamenta: risale allo scorso novembre una nota emessa dalla Soprintendenza per i beni architettonici e per il paesaggio del Lazio che, nella vana attesa di linee guida nazionali, invita alcuni comuni a sospendere le nuove installazioni di impianti. Difficilmente compatibili su un palazzo del ‘400 o in un antico centro storico. L’anno scorso anche Al Gore ha incontrato problemi simili a casa sua. E se un pannello stona su una casa in Tennessee, figuriamoci in un borgo medievale italiano. C’è però chi lavora per riconciliare il bello e l’utile, integrando i pannelli nelle case e nell’arredo urbano, come lampioni, chioschi o pensiline. Èl’eco-building: si cerca di nascondere i moduli dentro tegole, finestre, persiane e balaustre, così da renderli invisibili.
Quanto meno ‘chiaroscura’, infine, è l’assenza di un’industria nazionale che produca celle di silicio (particolare non di poco conto, se si considera che queste rappresentano circa la metà del costo di un pannello). Finché continuerà a mancare una produzione italiana, gli incentivi salperanno all’estero, dove sul fotovoltaico si punta da tempo, come avviene in Giappone, Germania, Cina e Spagna. Un vero peccato: stando alle stime Epia-Greenpeace, per ogni megawatt di capacità prodotta vengono creati dieci posti di lavoro nell’attività manifatturiera, e più di 30 per installazione, vendita e manutenzione. Il che vuol dire che nel nostro Paese, ipotizzando la creazione di 150 mw, nel 2008 si sarebbero potuti creare 1.500 posti di lavoro. A beneficiarne invece sarà soprattutto la Germania, leader in Europa nella costruzione di celle fotovoltaiche. Eppure i tedeschi il solare non l’hanno scoperto da molto. Illuminante il caso della Q-Cells: fondata a Berlino nel 1999, dopo appena sette anni già fattura 540 milioni di euro, e va a occupare il secondo posto nella graduatoria mondiale dei produttori, dopo la giapponese Sharp. “Gli industriali italiani devono muoversi”, esorta Roberto Longo, presidente di Aper, l’associazione dei produttori di energie rinnovabili, “il mercato del fotovoltaico sta per esplodere, bisogna completare la filiera industriale se non si vuole dipendere dalle importazioni”.
Per salvaguardare l’attrattiva del fotovoltaico, anche quando la stampella degli incentivi verrà meno, ci si affida alla scienza. Al centro ricerche Enea di Portici scommettono sul fotovoltaico ‘a concentrazione’, una tecnologia che permette di abbattere i costi risparmiando sul silicio. Le celle infatti sono dotate di una lente che convoglia i raggi solari su una striscia del materiale molto piccola, evitandone lo sperpero. Ovviamente tali impianti sono più complessi, perché per avere la stessa inclinazione durante tutta la giornata,il sole devono ‘inseguirlo’. Ecco perché questo approccio rappresenta il futuro più per le grandi centrali che per i piccoli impianti privati. Diverso il caso della tecnologia che si basa su materiali altri dal silicio, come il telloruro di cadmio. Per sfruttarla, verso la metà del 2009 è prevista l’entrata in funzione di una linea di produzione da 18 mw annui all’Arendi, società del gruppo Marcegaglia.
L’obiettivo comune, evidentemente, è quello di far rendere al meglio una tecnologia che, nata negli anni ’50, ormai ha una certa età, e stando a tutti gli analisti del settore sembra avvicinarsi a un muro: secondo l’Enea l’efficienza massima cui oggi si può aspirare è quella (raggiunta solo in laboratorio) del 24,7 per cento, un limite “ritenuto praticamente invalicabile”. Oltre quel muro si celano forse i segreti per un’energia che oltre a esser pulita e rinnovabile possa offrire veramente una alternativa.
(L’Espresso, 27/2/2008)