Gianni Del Vecchio & Stefano Pitrelli, L’Espresso
PARLAMENTO EUROPEO / L’emergenza del finanziamento ai partiti non è niente se paragonata alla gigantesca zona d’ombra delle elezioni europee. Per delinearne i contorni bisognava aspettare gli esperti anti-corruzione del Consiglio d’Europa.
A quanto pare, spulciando l’accurato dossier appena compilato dagli studiosi del Greco (Groupe d’Etats Contre la Corruption) salta fuori che le leggi italiane trascurano il capitolo elezioni europee. Si approda così al paradiso del lobbista: nella più assoluta assenza di sanzioni la trasparenza, prevista solo sulla carta, è lasciata al buon cuore del candidato e del partito, che non sono quindi tenuti a dichiarare né le proprie spese elettorali, né i nomi dei rispettivi finanziatori. E questo indipendentemente dalle cifre coinvolte (altro che il limite di 50mila euro del finanziamento ai partiti). Non finisce qui. Sempre stando agli studiosi, i limiti di spesa per una campagna elettorale alle europee in Italia semplicemente non esistono. Il limite, insomma, è il cielo. La conclusione degli esperti è quasi sarcastica: «Troviamo difficile capire perché, se nelle elezioni al parlamento europeo entrano in circolo anche fondi pubblici, ai partiti e ai candidati non venga chiesta trasparenza, né vengano imposti controlli e sanzioni come accade negli altri generi di elezioni».
(L’Espresso, 20/4/2012)