Una volta erano solo le ostriche, regine dei molluschi, ad avere il privilegio di esser mangiate crude, con una spruzzatina di limone e magari un flûte di champagne.
Ma da un paio d’anni la moda del pesce crudo impazza, conquistando sempre più palati. A dare l’impulso decisivo la diffusione del sushi, seppur con un certo ritardo rispetto ad altri mercati come quello americano. Si moltiplicano ormai i ristoranti che servono il piatto giapponese, e ultimamente lo si trova anche take-away nei banchi del fresco dei supermercati.
“E pensare che nel 2000 quando aprii l mio locale che serve solo pesce crudo dovevamo spiegare ai clienti che non avrebbero mangiato nulla di cucinato”, racconta Moreno Cedroni, chef e guru del finger food ittico italiano. “E quante volte poi ci hanno mandato indietro il tonno rosso”, ricorda. Cedroni è l’inventore del ‘susci’, una specie di variazione italica del piatto made in Japan, racchiuso in una ricetta-simbolo: capesante aglio olio e peperoncino.
“Non volevo che tutto si riducesse a dover scegliere fra il sushi e il pesce marinato con limone o aceto”, spiega il cuoco di Senigallia.Anche se c’è chi ricorda che quella del pesce non cucinato è una tradizione in Italia. “In Puglia ad esempio è una vita che si mangiano i frutti di mare crudi, come il pesce sfilettato all’istante”, precisa Marco Rossetti della guida ‘Mare in Tasca’. Come c’è anche chi col crudo non vuole avere niente a che fare. “Non mi piace questa moda”, dice infastidito lo chef siciliano Filippo La Mantia, “i cuochi in cucina devono sudare”.
Certo è che i consumi di sushi e altre crudità sono aumentati, e così anche i prezzi, raddoppiati rispetto ai primi tempi. Attenti però alla qualità, che nel caso del pesce e dei frutti di mare non cotti deve essere sempre garantita. Occhio soprattutto all’Anikasis: un parassita che se ingerito dall’uomo, può provocare granulomi e ulcere allo stomaco. Ma i veri ristoranti di sushi lo uccidono con il freddo, eliminando il pericolo.
(L’Espresso, 8/8/2008)