Una ricerca commissionata dalla Fondazione Migrantes all’università di Verona. Analizzati 40 casi negli ultimi 20 anni. “I responsabili sono parenti o pedofili”. Bacchettati tv e giornali che amplificano stereotipi “con forza squassante”.
“Troppi pregiudizi sui nomadi. Non è vero che rapiscono i bambini”
ROMA – Sono i parenti, i pedofili, gli amici di famiglia ma non i nomadi a rubare i bambini. E’ solo un brutto stereotipo, un pregiudizio infondato quello che attribuisce ai rom la responsabilità di far sparire i bambini. Un modo di dire, e pensare, che i media – tv, e giornali in ugual misura – amplificano “con forza squassante”. E’ il risultato di una ricerca commissionata dalla Fondazione Migrantes (Cei) al Dipartimento di psicologia e antropologia culturale dell’università di Verona sui presunti tentati rapimenti addebitati ai rom dal 1986 al 2007.
“Dei 40 casi presi in esame, nessuna sparizione è da addebitare a nomadi”, ha sintetizzato monsignor Piergiorgio Saviola, direttore generale della Fondazione Migrantes, presentando questa mattina nella sede della Radio Vaticana il lavoro dell’ateneo di Verona.
I casi sono stati individuati e analizzati partendo dalle notizie fornite dalla stampa nazionale ed esaminati attraverso la consultazione dei fascicoli giudiziari. La ricerca ha dimostrato che in nessuno caso la sottrazione “dell’infante effettivamente avvenuta e provata oggettivamente” è da imputare ai rom. Anche laddove si apre un processo giudiziario, le indagini di polizia concludono sempre che “i rom e i sinti non c’entrano”. I ricercatori hanno esaminato anche casi a cui la stampa ha dato ampio spazio, come la sparizione di Angela Celentano e Denise Pipitone, ma i risultati hanno escluso la partecipazione di gruppi nomadi.
Monsignor Saviola, da tempo al fianco della comunità nomade che abita in Italia, ha sottolineato che “nessuna prova certa, nessun verdetto di condanna è stato emesso contro qualche figlia o moglie di zingaro per sequestro di minori”. E ancora: “E’ una conclusione sconcertante, non tanto in riferimento agli zingari, quanto in riferimento a chi punta il dito verso di loro in base a questo famoso ‘sentito dire’, magari tradotto in un altro famoso e pericoloso ‘tutti dicono così’. Continuare a diffondere certe dicerie non è soltanto andare contro verità, ma contro giustizia”.
“La ricerca – ha spiegato il direttore di Migrantes – è un appello ai singoli e alla pubblica opinione a non ‘rapire’ la reputazione, l’onorabilità a gente che ha come colpa principale l’essere diversa da noi per lingua, cultura, tradizioni o comportamenti sociali”.
(La Repubblica, 10/11/2008)