ATTUALITA’ / Lettere mai recapitate. O buttate nella spazzatura. Raccomandate scomparse. Pacchi irrintracciabili. Tra appalti esterni e risparmi, si moltiplicano i disservizi.
Siamo sotto le feste, ma se vuoi mandare un biglietto d’auguri a qualcuno devi essere fortunato. Devi riuscire a trovare una buca e devi incrociare le dita che il postino passi a ritirarlo. Se il biglietto lo stai aspettando, invece, devi sperare che la tua zona sia ancora servita. E anche augurarti che un portalettere frustrato non la butti nella spazzatura. Ma che poi arrivi in tempo è tutto un altro paio di maniche. Come ha raccontato in un articolo sui suoi tre anni italiani l’inglese Lisa Hilton: “L’anno scorso, per esempio, ho ricevuto le cartoline di Natale a Pasqua. Le mie lamentele si sono scontrate invariabilmente con un’alzata di spalle e un rassegnato ‘è così'”.
La giornalista britannica non è un caso isolato: le associazioni di consumatori moltiplicano le segnalazioni di disservizi di Poste Italiane: dai pacchi accumulati e non consegnati, alle raccomandate che tocca andare a ritirare all’ufficio postale. Alle Poste, però, minimizzano: “La consegna della corrispondenza in Italia dopo la conclusione del processo della riorganizzazione del servizio di recapito e la stabilizzazione di migliaia di portalettere è oggi regolare. Isolati casi di ritardo nella consegna della posta sono dovuti esclusivamente alle ultime fasi di conclusione del progetto”.
Eppure a volte la realtà sfiora l’assurdo. Come nel caso, denunciato dal Movimento difesa del cittadino, di una signora che aveva spedito medicinali antimalarici a suore missionarie di Brescia. Ora saranno anche scaduti, perché a destinazione non sono mai arrivati. Il postino si è scusato così: aveva bussato al convento, ma nessuno ha risposto. E poi c’era una signora, felice di poter rendere la propria casa più ‘verde’ grazie agli incentivi energetici. Di cui però non ha visto traccia, perché la documentazione, inviata con raccomandata, alla Agenzia delle entrate di Pescara non è mai arrivata. Spesso poi, come racconta un cittadino milanese, “nessuno suona al citofono per consegnarmi un pacco, ma lasciano l’avviso ‘destinatario assente’, così sono costretto ad andare a ritirarlo al deposito”.
Eppure quello del recapito di buste, pacchi e affini è un servizio ‘universale’, che le poste dovrebbero garantire a tutti i cittadini per 365 giorni l’anno. Anche perché in cambio ricevono denaro pubblico. Ma forse Poste Italiane preferisce fare tante altre cose che rendono di più: fa la banca, fa la compagnia telefonica, fa il commerciante. Lo dimostra il fatto che il 30,8 per cento dei suoi guadagni proviene dai servizi finanziari (a fronte di quelli postali, che si fermano al 2,2). E in futuro questa forbice è destinata ad allargarsi, dato che l’azienda affida ad altre imprese proprio quei servizi che le danno il nome: dal 2007 a oggi, come si legge da documenti riservati aziendali, il bouquet di attività passate di mano vale oltre 70 milioni. Significa che vaste aree del territorio vengono coperte da società terze (come Tnt Post Italia a Torino, Romana Recapiti nella capitale e Corel a Bari). “Poste Italiane, però, si tiene strette le zone più ricche delle città, lasciando le aree periferiche e più difficili da servire, alle ditte appaltatrici”. Lo racconta un precario di Romana Recapiti: “A Roma le vie centrali sono roba loro, mentre a noi toccano quelle più rognose”. E siccome gli appalti Poste li assegna al ribasso (l’azienda che offre di meno vince, a prescindere dalla qualità del servizio), le ditte appaltatrici risparmiano sui lavoratori. “Meno dipendenti esperti, più precari pagati a cottimo e poco preparati”. Tutto a discapito di mittente e destinatario. “È ovvio che queste società saranno interessate al maggior guadagno possibile, ma non al miglior servizio possibile”, dice Paolo Martinello, presidente del Beuc, coordinamento europeo delle associazioni di consumatori, “così si accentua la catena dell’inefficienza”.
Non solo: “Ci sono ben 150 zone del nostro Paese dove i postini non li vedono neanche passare”, denuncia Graziano Benedetti, responsabile Cgil Poste. Senza dimenticare che, come raccontano quelli di Altroconsumo, la riorganizzazione del servizio di recapito ha significato meno buche delle lettere e meno giri dei postini per ritirarle. A Genova, ad esempio, all’aeroporto c’è più di una dozzina di cassette stracolme, e alla stazione ce n’è un’altra ventina. Colpa dell’effetto imbuto: diminuiscono i postini, aumentano i quartieri da coprire. Con risvolti pazzeschi. C’è il postino comasco, diciannovenne e precario, che getta nell’immondizia un intero sacco di lettere. “Ero troppo stressato perché non riuscivo a trovare le case dove recapitare la posta”, si è giustificato. C’è il giovane postino fiorentino pizzicato dai carabinieri con 230 lettere non recapitate nel bagagliaio. Il contratto trimestrale non gli era stato rinnovato. E poi c’è un suo collega bresciano che ha fatto entrambe le cose: imbucava la posta nei cassonetti. E quando non la buttava, la teneva in macchina. Voleva fingersi più veloce nella consegna, sperando in un’assunzione a tempo indeterminato.
“Il problema di Poste Italiane è lo stesso di Trenitalia: latitano i controlli del rispetto degli standard qualitativi”, commenta Martinello: “Mentre per energia e telecomunicazioni esistono delle authority che oltre a fissare gli standard fungono da strumento di verifica e controllo, per le poste tutto questo manca. È ancora il ministero che dovrebbe controllare, in teoria. Ma in pratica non avviene”. E allora a chi tocca? “Di lettere che denunciano fatti come questi i giornali locali sono pieni. Non li leggono, i sindaci?”, chiede Matteo Salvini, deputato della Lega Nord: “Dovrebbero essere gli stessi amministratori locali a tutelare i propri cittadini, e a fare una telefonatina come si deve agli uffici postali”. Quindi restano le volenterose associazioni di consumatori, che hanno sottoscritto un accordo per la risoluzione delle controversie. “Il 98 per cento di tutte le procedure attivate si è concluso a favore del cittadino”, annunciava trionfalmente Rosario Fazio, responsabile marketing di Poste, a ‘Mi manda RaiTre’. Peccato che questo significhi che in quei casi le Poste avevano torto. E peccato che, al di là della magra consolazione di un risarcimento, il danno ormai era stato fatto.
Ma in Italia, si sa, le cose si risolvono solo quando si muove la politica. È quello che è accaduto in Lombardia: lì agli inizi dell’anno la gestione di 75 mila raccomandate era stato affidata a due società, la Tnt Milano e l’Act di Carlo D’Angelo. Quest’ultima è una cooperativa che definire eclettica è un eufemismo: si occupa di tutto, dalla derattizzazione alle bevande per le mense scolastiche. E i risultati si sono visti: mentre la prima non aveva problemi, l’Act non riusciva a consegnare la corrispondenza. Tanto che una pattuglia di deputati della Lega ha bersagliato il ministro allo Sviluppo economico Claudio Scajola di interrogazioni parlamentari a cadenza settimanale: prima Salvini, poi Nicola Molteni e infine Paolo Grimoldi. Alla fine, il consigliere d’amministrazione di Poste in quota Pdl, Roberto Colombo, raccoglie la questione e taglia la testa al toro. Dopo pochi giorni l’azienda revoca l’appalto all’Act e si riprende il servizio. Con grande sollievo dei cittadini lombardi.
“È mai possibile che tocchi affidarsi alla buona volontà di questo o di quel politico, che agisce su segnalazione della gente?”, si chiede Salvini: “Ci dovrebbe essere un controllo interno. Fatti come questi non dovrebbero ripetersi”. Eppure le prospettive non sono rosee. “La situazione sta peggiorando”, preannuncia Benedetti, “c’è il rischio che i problemi di Milano si replichino altrove”. E la Lombardia minaccia di essere soltanto il paziente zero di un’epidemia ben più grave.
(L’Espresso, 24/12/2008)