Blackout come questi si ripeteranno, «e ciò potrebbe succedere in ogni momento». Quanto accaduto a partire da giovedì nel nordest degli Stati Uniti sembra destinato a ripetersi. E «ci vorrà molto tempo prima che la situazione torni ad essere sicura». Tutta colpa della deregulation.L’opinione, espressa in un’intervista a Europa, è quella di Robert Kuttner, fondatore e condirettore della rivista The American Prospect, collaboratore di The Atlantic Monthly e autore del famoso saggio dal titolo Everything For Sale: The Virtues and Limits of Markets (“Tutto in vendita: le virtù e i limiti del mercato”). «Il problema – osserva Kuttner – è che con questo tipo di deregolamentazione nessuna entità è responsabile per l’adeguatezza della rete di trasmissione». Una rete “antiquata” di linee elettriche, nel mantenimento della quale non si investe, per il semplice fatto «che non ne deriva profitto».Dunque, si tratta in fondo di un «problema puramente economico».Innanzitutto, argomenta Kuttner, la teoria presume in astratto che le transazioni avvengano sempre a costo zero, e «benché alcune transazioni siano quasi a costo zero», la trasmissione di energia non lo è. Ecco perché, ne consegue, la teoria economica neoliberal non è applicabile, in questo caso: ci sono spese di trasmissione che includono la spesa per il mantenimento delle infrastrutture.Non è chiaro, infatti, che il guadagno che deriva dalla vendita e dall’acquisto di corrente elettrica (che deve essere trasmessa attraverso lunghe distanze) sia sufficiente a compensare i costi della trasmissione. «Trasmettere corrente consuma corrente» dice Kuttner e, citando un fisico americano, Richard Rosen, aggiunge: «Trasmettere corrente resta efficiente solo entro poche centinaia di miglia al massimo». In secondo luogo, prosegue, «questi mercati sono altamente vulnerabili alla manipolazione dei prezzi»: da un lato c’è una domanda abbastanza costante, dall’altro la capacità di generare energia elettrica è ristretta, per cui le aziende che la producono hanno una notevole libertà di fissare il prezzo. L’esempio limite di questo discorso, ricorda Kuttner, è stato il famigerato caso della Enron, che «ha risucchiato decine di miliardi di dollari dai californiani ».
Nel 1992 il governo federale ha reso possibile la deregolamentazione in questo settore. L’ha resa possibile, ma non l’ha imposta, così che per esempio nel sudest degli Stati Uniti, dove «la regolamentazione tradizionale è stata mantenuta», il problema non si pone. La scelta di restare allo status quo da parte delle regioni sudorientali, pur essendo tra le più conservatrici della nazione, fu dovuta a ragioni locali (una produzione di corrente a costi relativamente bassi, innanzitutto) che le portarono a concludere che non sarebbe stato nel loro interesse, perché avrebbe accresciuto il prezzo della corrente. E a quanto pare la scelta era stata positiva per almeno un’altra buona ragione.
Il sistema statunitense, ne risulta, è oggi «parzialmente regolato e parzialmente deregolato», e in quanto tale è, semplicemente, «nel caos». I neoliberal vorrebbero «portare a termine l’opera di deregolamentazione ». Altri, come Kuttner, vorrebbero ritornare al vecchio sistema, perché «abbiamo bisogno di più regole».
«Quando è arrivato il blackout, giovedì, molti pensavano ai terroristi.
Ciò che ci ha colpito potrebbe essere altrettanto pericoloso. Noi americani – conclude – siamo ostaggio di una visione folle dell’economia, che ha permesso alla maggior parte del nordest di piombare nell’oscurità senza che il nemico dovesse muovere un dito».
“Il blackout delle regole spegne l’America”
Stefano Pitrelli, Europa
STATI UNITI – Intervista a Robert Kuttner, fondatore e condirettore di The American Prospect / Le aziende elettriche americane continuano a fare affari su una rete di trasmissione della corrente obsoleta. Il problema non ha a che vedere con la manutenzione degli impianti, ma con quella delle linee elettriche. Dopo la deregulation voluta dal governo federale nel 1992, infatti, le compagnie private non trovano “proficua” la manutenzione. L’effetto domino è alle porte. Parla Robert Kuttner, commentatore.