Stampati e buttati

ATTUALITA’: ENTI LOCALI E COMUNICAZIONE / Regioni, province, comuni, persino singoli quartieri. Sono oltre seimila i giornali delle amministrazioni pubbliche. Poca informazione, tanta propaganda. E ogni pubblicazione costa oltre 25 mila euro l’anno.

Se sfogli il giornalino del tuo comune, ci troverai il sindaco che ti sorride benevolo in tutte le pose. Mentre taglia il nastro, stringe la mano a qualcuno, o premia qualcun altro. Fa un discorso, o bacia dei bambini. Montagne di carta patinata e fiumi di inchiostro a colori consacrati ad osannare il pantheon dell’amministrazione pubblica: sindaci, presidenti di provincia o regione, torme di assessori, ministri e pure militari. Quella degli enti pubblici è, insomma, un’editoria sprecona, con una sterminata scuderia di almeno 6000 testate cartacee. Distribuite ‘gratis’ al cittadino, il quale però alla fine la propria copia se la paga comunque. Che gli piaccia o meno.

Al lettore ‘forzato’ non resta che prenderne in mano un numero, e sorbirsi le prime due pagine standard di predicozzo del sindaco/presidente di turno, che si autoincensa per questa o quell’opera pubblica. O per il suo successo alle urne, come accade sul numero post-elettorale di ‘Francavilla di Sicilia Notizie’, dove ‘l’editoriale’ tracima in copertina (con l’icona del sindaco fasciato tricolore). Poi tocca agli assessori o alle liste civiche, ciascuno con il proprio santino e la propria paginetta-spot (succede, fra gli altri, sul ‘notiziario’ di Mezzo Lombardo, in provincia di Trento). Tanta la propaganda, e la carta sprecata, poca l’informazione vera e propria.

E al cittadino-lettore tutto questo non costa neppure poco. “Le realtà di cui stiamo parlando sono fra le più disparate, dalle tremila alle 15 mila copie stampate, dal foglio al tabloid ai patinati mallopponi brossurati stile-Postalmarket da 60-100 pagine”, spiega Alberto Tura, del Premio Cento alla stampa locale, “ma quello che più si avvicina a un profilo tipico è il formato A4, dodici-ventiquattro pagine, colori in prima e due colori all’interno, con periodicità dal quindicinale al più diffuso trimestrale. Per un costo annuo fra i 25 e i 30 mila euro”. Che, con la recessione, non sono spiccioli. Detto ciò, è difficile formarsi un quadro preciso di quanti fondi finiscano in questi progetti editoriali. I costi effettivi, spesso, rimangono sepolti nei bilanci, mentre gli effettivi lettori restano, per così dire, ipotetici. “L’universo della comunicazione istituzionale, soprattutto a livello locale, è vasto, frammentato, difficile da conoscere. E da controllare”, nota Fernando Venturini, funzionario della biblioteca della Camera ed esperto di comunicazione pubblica sul Web.

Così, sfogliando ‘Notizie Regione Piemonte’ si può sapere tutto sul premio piemontesi nel mondo, con corredo di foto commemorative dei vincitori in compagnia della governatrice Bresso. E su ‘Terrassa Padovana’ si scopre ogni dettaglio delle avventure di un pugno di pensionati in gita a Vicenza. Su ‘Assemblea E-R’, ancora, (testata della regione Emilia Romagna) un ampio servizio fotografico condisce il resoconto di un’importante missione ‘diplomatica’ in Cile, con tanto di scatti di esotiche bellezze naturalistiche, architettoniche, o femminili: qui il ritratto di un consigliere campeggia a fianco di due ragazze dalle t-shirt aderenti. Che dire, poi, di un lungo servizio-spot inneggiante all’annessione di alcuni comuni marchigiani della Valmarecchia, ansiosi di scavalcare il confine settentrionale della regione?

Pura propaganda. Almeno per la maggior parte di quelle che, stando alle stime del Premio Cento, sono le circa seimila testate pubbliche italiane. Inclusi i periodici dei singoli comuni (che ne rappresentano la grande massa), quelli delle province e delle regioni (che poi di testate ne hanno sempre più di una), e degli altri enti in generale. “Mi sembra addirittura una cifra un po’ sottostimata”, commenta Venturini. E a giudicare dai mucchi di carta che traboccano nei corridoi della Biblioteca nazionale centrale di Roma, gli sprechi sono in crescita. Lo testimonia Paola Puglisi, dell’ufficio periodici: “A fronte della nostra drammatica mancanza di spazio, risorse e personale ci auguravamo che, fra newsletter e pubblicazioni online, i periodici di fonte pubblica in formato cartaceo sarebbero diminuiti. E invece sembrano aumentare”. Lo confermano al Premio Cento: “L’amministrazione pubblica sta sfornando molte nuove testate cartacee. Qualche anno fa tendevano a passare online, ma una legge del 2000 (la 150, ndr) ha chiesto agli enti di comunicare con i cittadini”. E comunicare, per la mentalità dei nostri amministratori, è ancora una faccenda di carta. Poi c’è la questione della raccolta pubblicitaria, di cui molte testate hanno bisogno per coprire le spese: “Su Internet vendere spazi è semplicemente più difficile, e quindi si torna in massa alla carta stampata”, chiarisce Tura.

Si torna, dunque, alla propaganda politica vecchio stile, come lamentano i giornalisti che ci lavorano, e sono costretti ogni volta a lottare per contenere l’ego (e le pagine) degli amministratori. Assunti per far da ufficio stampa, nelle realtà più piccole si ritrovano a fare il giornale da soli, da stagisti o precari. “Faccio del mio meglio perché il giornalino sia molto istituzionale e poco politico”, racconta un giornalista che lavora alla testata di un comune della provincia romana, “cosa che è costante motivo di scontro col sindaco”. Un esempio? “Dire che si mettono a disposizione dei buoni mensa gratis è informazione. Presentarlo come un ‘dono’ non è altro che propaganda elettorale”.

Dal piccolo al grande, così a sud come a nord. “Quando era presidente Ombretta Colli”, ricorda Angelo De Vivo, che dirige ‘Provincia in Tasca’, trimestrale meneghino di oltre ottanta pagine, con una redazione di otto persone, “in copertina c’era sempre lei. Nel 2004, quando sono arrivato, aveva trentamila abbonati. L’abbiamo svecchiata, arricchita di contenuti, e adesso di abbonati volontari ne abbiamo il triplo”. Come a dire, i lettori aumentano in maniera inversa alla quantità di propaganda. Che resta comunque preponderante: “Su ottanta pagine, cinquanta sono politiche”, ammette, “io lo dico ai politici. Più mettete la vostra faccia, peggio è. La foto va bene, però non quando non hai niente da dire”.

Ma la ‘Palma d’oro’ all’editoria pubblica va al Trentino. Una parte dei soldi statali extra che arrivano nella provincia autonoma, vanno a finanziare ben nove riviste, rigorosamente gratuite, e spedite in abbonamento a chiunque voglia. Si va dal più istituzionale ‘Il Trentino’, a una serie di pubblicazioni specialistiche che spaziano dall’agricoltura all’ambiente, dalla scuola alla salute, per finire con un periodico interamente dedicato all’emigrazione trentina. Nell’insieme, una piccola corazzata editoriale che ogni anno costa alla provincia circa 250mila euro, cifra che suona stonata anche a chi queste riviste le gestisce. “Stiamo ripensando il sistema”, dice Giampaolo Pedrotti, a capo della comunicazione trentina, “l’obiettivo è utilizzare le nuove tecnologie, soprattutto Internet, per ridurre i costi”.

Nel mare magnum dei giornalini spicca il caso virtuoso della Provincia di Ravenna, che pubblica, sì, due riviste. Ma che riesce a garantire prodotti di buona qualità, e a farseli pure finanziare dai privati. ‘Museo In.Forma’ è il quadrimestrale che mette in Rete i musei ravennati, vincitore del premio Cento 2008. All’amministrazione costa solo 6mila euro l’anno (quanto resta fuori dalla sponsorizzazione di UniCredit), e riscuote il gradimento dei lettori. Nastri e cerimonie sono banditi. Stesso divieto per l’altra rivista della provincia: appena una decina di pagine di servizio, sei uscite l’anno, per un costo contenuto di 16mila euro.

E tuttavia la vera frontiera per garantire qualità e risparmio alla comunicazione pubblica resta Internet, perché mettendo in Rete la rivista si va a tagliare i due costi principali, ossia carta e spedizioni postali. Una logica che stenta ad affermarsi: secondo il premio Cento, a fronte dei quasi 10mila enti pubblici, sarebbero a mala pena 500 le testate virtuali. Eccezioni.

Davvero un peccato, dato che il Web, spiega Venturini, non solo abbatte i costi, ma migliora anche la qualità dell’informazione: “Ovviamente anche su Internet si trovano siti che ti sbattono in faccia la foto del sindaco, ma di solito si privilegia l’informazione utile”. Una teoria che trova conferma nella testata esclusivamente on line del comune di Milano, Comune.Milano.it, nata nel 2002 e talmente efficiente da essere indicata come esempio dal ministro-castigatore Brunetta. Il portale dà spazio a news, eventi e servizi utili. Scoraggiando l’invadenza degli assessori.

(L’Espresso, 12/1/2009)