ATTUALITA’ / Stipendi d’oro ai consiglieri. E poi viaggi, rimborsi, vitalizi, assunzioni facili, consulenze. Far funzionare le assemblee degli enti locali costa 974 milioni l’anno.
Mentre la banda musicale al completo del comune di Guidizzolo suonava lungo la famosa Fifth Avenue a New York, in occasione del Columbus Day, lo stendardo della Regione Lombardia sventolava orgogliosamente al fianco delle stelle e strisce americane. E a Carlo Maccari, consigliere regionale di Alleanza nazionale (nonché ex sindaco del paesino lombardo), brillavano gli occhi. Se spieghi a un meneghino che questo viaggetto di gruppo oltreoceano l’ha pagato il consiglio regionale (e l’ha fatto con 20 mila euro delle sue tasse), più che farsi brillare gli occhi, diciamo che storcerebbe il naso. Anche perché quella di portarsi dietro il coro del paese non è nemmeno un’eccezione. Quanto una tradizione che ormai si ripete ogni anno, a turno fra i consiglieri membri dell’ufficio di presidenza. Ma si sa, i parlamentari delle nostre regioni sono di manica larga.
Ce li racconta la Uil, con uno studio sui costi delle nostre assemblee regionali, che rivela le dimensioni della loro spesa complessiva nel 2008: ben 947 milioni di euro. Poco meno della cifra destinata agli ammortizzatori sociali previsti dal governo per far fronte alla crisi.
Qui, in cima alla classifica troviamo i parlamentini delle isole: quello siciliano (‘speciale’ non solo nello statuto), con oltre 160 milioni, e quello sardo (85), seguiti a ruota da quelli campano (80), calabrese (75) e lombardo (71). Non più rosee le previsioni per il 2009, che vedono l’esborso restare più o meno invariato. Se non in crescita, nei peggiori dei casi: ossia nel Lazio (dai 59 milioni del 2008 agli oltre 66 previsti per il 2009, con un picco del più 13 per cento), in Toscana (più 6), in Emilia Romagna e in Veneto (entrambe in crescita del 5). “Mi sembra che persino in tempi di crisi come questi non ci sia alcun risparmio significativo sui costi della politica”, constata Guglielmo Loy, segretario confederale della Uil per le politiche regionali. Se poi si considera la popolazione di ciascuna regione e si calcola la spesa per abitante, si scopre che ai valdostani il parlamentino costa 167 euro l’anno, 51 ai sardi e 40 ai molisani.
Sebbene in Lombardia la spesa resti più o meno stabile (dopo essere costantemente cresciuta nello scorso decennio), a cercare di mettere un freno all’ansia girovaga dei parlamentari locali c’è solo il consigliere dell’Idv, Stefano Zamponi. Il quale, dando un’occhiata alle mete predilette dai suoi colleghi, è saltato sulla sedia: “Perché dobbiamo mandare dei relatori di Forza Italia alla scuola di studi politici della Mosca post-comunista, tutto a spese dei lombardi? Perché dobbiamo mandare dei consiglieri al Congresso di cardiochirurgia a Novi Sad in Serbia? Perché mai spedire tre consiglieri e due funzionari a studiare la sanità in Danimarca, quando il nostro presidente dice che l’eccellenza è qui in Lombardia?”. La più gettonata resta San Pietroburgo, oltre al solito appuntamento newyorkese, dilatato fino a diventare un ‘Columbus weekend’, per cui quest’anno sono usciti 172 mila euro (tutto compreso). Ma il turismo parlamentare non è prerogativa del Nord. Ne sa qualcosa Pino Apprendi, consigliere del Pd in Sicilia: “Ho già mandato due lettere alla presidenza per chieder conto delle missioni, e si sono sempre opposti per motivi di privacy. Sarò costretto a scriverne una terza, invocando la legge sulla trasparenza degli atti pubblici”. Il problema, spiega, è che si tratta perlopiù di trasferte ‘sommerse’: “I consiglieri vanno in missione da venerdì a martedì, per cui nei giorni di seduta alla fine sono sempre presenti, e nessuno ne sa niente“.
Le cosiddette ‘indennità di missione’ non sono che un aspetto dei costi di un’assemblea regionale. Infatti sono niente se le si paragona a quanto ogni anno si spende per pagare i nostri 1.105 consiglieri regionali. Scorrendo i bilanci, viene fuori che solo per stipendi e pensioni se ne va fra il 30 e il 40 per cento della spesa totale. Il che significa 3-400 milioni a livello nazionale. Ovviamente le mensilità variano di molto da regione a regione, ma pure nel caso dell’amministrazione più tirchia si tratta di buste paga di tutto rispetto. È il caso delle Marche: secondo i dati di parlamentiregionali.it (sito di chi coordina i 21 consigli), un consigliere guadagna 3.100 euro netti al mese. Un’inezia se lo si paragona al più fortunato collega calabrese, che porta a casa la bellezza di 8.500 euro ogni volta che arriva il 27. Cifre che tendono sempre ad aumentare e mai a diminuire: come in Trentino, dove quest’anno l’assemblea regionale si è concessa uno scatto di ben 303 euro lordi mensili. Ma stiamo parlando solo di una fetta della retribuzione. Basta essere capogruppo consiliare o presidente di commissione ed ecco che l’emolumento magicamente ingrassa. Sempre a Trento, il presidente dell’assemblea piglia più del doppio di un consigliere.
Per non parlare di tutta una serie di extra. Si va dal rimborso per le spese di viaggio a quello per le spese di segreteria e rappresentanza, passando per quelle telefoniche. Poi c’è la diaria: una specie di gettone (fisso o variabile) per il solo fatto di partecipare alle riunioni del consiglio. Ovverosia per fare semplicemente il proprio mestiere. È proprio questo ‘bouquet’ a far lievitare il conto in banca del parlamentare: si calcola che un consigliere siciliano possa arrivare a prendere anche 19 mila euro lordi al mese. Ma la fantasia dei nostri politici, quando si tratta di scovar denaro, è impareggiabile. Ad esempio, fino all’anno scorso il Friuli era solito fare un regalo di Natale davvero speciale ai propri consiglieri: un assegno in bianco di 120 mila euro per chi stava in maggioranza, e 60 mila per chi era all’opposizione. Funzionava così: il politico forniva una lista di associazioni, parrocchie, squadre di calcio e via dicendo, e la Regione sganciava. Il ‘pensierino’ perfetto per coltivare il proprio orticello elettorale che però, solo grazie alla crisi, da quest’anno è stato abolito. Per un privilegio che tramonta, uno che rischia di sorgere: il consigliere del Pdl Antonio Pedicini ha presentato una proposta di legge per sfondare il tetto dei tre mandati e prolungare la possibillità di rimanere in carica.
Non che la vita da ex significhi la fine dei privilegi. Basta vedere ciò che la Sicilia concede a chi consigliere non è più. Il non rieletto ha diritto a un’indennità di fine mandato (si chiama ‘reinserimento sociale’), un bonus fisso di 6.400 euro l’anno per ‘aggiornamento culturale’, un vitalizio. E addirittura a 5 mila euro per il funerale. Insomma, in Sicilia una specie di welfare che t’accompagna anche nell’aldilà, e in Friuli la minaccia dei consiglieri immortali.
Si spende per i parlamentari. Poi si spende per i dipendenti, l’altra grossa emorragia di denaro pubblico: perché si paga per far funzionare la macchina. Ma si paga anche per alimentare le reti clientelari dei politici. A novembre il consiglio regionale della Calabria ha tenuto un maxi-concorso per 170 nuovi dipendenti, che si andranno ad aggiungere alle altre 264 persone assunte a tempo indeterminato. In un colpo solo l’assemblea ha più che raddoppiato il suo personale, senza tralasciare i 389 precari che già ne affollano i corridoi. Il problema non è solo il numero. In Valle d’Aosta, per esempio, su 86 dipendenti del consiglio regionale, ben 11 sono dirigenti. “Ossia uno su otto”, denuncia Robert Louvin, capogruppo di VdA Vive/Renouveau, ed ex presidente del consiglio. Pochi a remare e tanti a comandare. E a proposito di dirigenti, succede che il Veneto li protegga anche contro la legge. Nella terra di Brunetta, contro Brunetta: una circolare del 29 dicembre scorso permette a pochi fortunati di non perdere neanche un euro nei primi dieci giorni di malattia, a dispetto del decreto del ministro della Funzione pubblica. Facendolo infuriare. È di qualche giorno fa la letteraccia al governatore e collega di partito Giancarlo Galan, con la quale lo invita a desistere da un’iniziativa che, se prendesse piede nel resto del Paese, coinvolgerebbe migliaia di persone. Alle schiere di dipendenti si somma, inoltre, la moltitudine del personale dei gruppi consiliari. Ossia segretari, portaborse e galoppini assunti dai partiti e pagati da noi. “I contributi ai gruppi consiliari hanno surrogato il finanziamento pubblico ai partiti”, chiarisce Louvin. Tanto che, nota Loy, “in alcune regioni sia il Pd che il Pdl sono tutt’oggi incomprensibilmente separati. E certo non per motivi politici”. Come in Molise, dove il rapporto fra consiglieri e gruppi sfiora il ridicolo: a fronte di 30 parlamentari, ci sono ben 15 gruppi. E anche in questo caso, come in una macchina del tempo, Ds e Margherita, Forza Italia e Alleanza nazionale vivono ancora.
Ma dove finisce il personale politico inizia quello para-politico. La parola d’ordine è sempre la stessa: consulenze. Se la spesa del consiglio regionale del Lazio quest’anno è schizzata, è soprattutto per questo motivo. Dai circa due milioni utilizzati nel 2008, i consiglieri si sono accordati per triplicare la somma. Mentre in Piemonte l’investimento è stabile sui 3 milioni l’anno. “Come per il personale dei gruppi consiliari, anche questa è una vecchia storia: ci si affida a incarichi esterni non tanto per necessità, ma per accontentare chi ti garantisce il consenso”, conclude Loy.
La recessione, quindi, sembra non spaventare nessuno dei nostri deputati regionali. Con una solitaria eccezione, quella pugliese. Dove il governatore Nichi Vendola ha inaugurato una stagione di sobria “austerità comunista”. All’insegna dei tagli: niente più agende o telefonini, né viaggi studio. Di auto blu ne sono rimaste solo tre. E i consiglieri regionali hanno iniziato a ridimensionare i propri stipendi. Il 10 per cento in meno l’anno scorso e la stessa cifra anche per il 2009, a cui si deve aggiungere un’ulteriore sforbiciata di 30 mila euro per il presidente della giunta, 15 mila per quello del consiglio, 5 mila per ogni assessore o capogruppo e 4 mila per i semplici consiglieri.
(L’Espresso, 29/1/2009)